venerdì 26 ottobre 2012

Amor cortese fra realtà e mito


…Poi mi rivolsi a loro e parla’ io,
e cominciai: «Francesca, i tuoi martìri
a lagrimar mi fanno tristo e pio.
      Ma dimmi: al tempo d’i dolci sospiri,
a che e come concedette Amore
che conosceste i dubbiosi disiri?».
      E quella a me: «Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
ne la miseria; e ciò sa ’l tuo dottore.
      Ma s’a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice.
      Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
       Per più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
       Quando leggemmo il disiato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
      la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante»

                                               Dante, Canto V dell’Inferno

Paolo e Francesca sono gli spiriti sofferenti che Dante incontra nel girone dei lussuriosi nel V canto dell’Inferno. Così gli raccontano il motivo della loro presenza in quel posto dannato, colpevoli di essere stati travolti dalla passione che li ha condotti all’adulterio. Francesca da Polenta infatti aveva sposato con matrimonio combinato dalle rispettive famiglie, il deforme e brutto Gianciotto Malatesta, fratello di Paolo. Ma è con quest’ultimo che Francesca prova per la prima volta quella forma di amore che, nato dall’attrazione fisica, presenta da un lato la tensione spirituale data dall’idealizzazione degli amanti e dall’altro non nega però il desiderio erotico. Questo amore, fonte di sofferenza ma anche di estremo piacere, nel caso dei due protagonisti citati da Dante, finisce in tragedia quando, una volta scoperto il tradimento, il marito offeso Gianciotto uccide entrambi gli amanti a pugnalate.
L’amor cortese, perchè Paolo e Francesca incarnano questo tipo di sentimento, pone l’uomo in una condizione di servizio e adorazione verso l’amata, che viene idealizzata, ammirata e altrettanto bramata. Questo amore può essere concepito solo al di fuori del matrimonio poiché nella maggior parte dei casi nel Medioevo gli stessi erano combinati e raramente i due sposi avevano il tempo anche solo di conoscersi prima della cerimonia.
Meraviglioso l’intreccio che Dante fa in questo canto fra la storia dei protagonisti e quella più famosa di Lancillotto e Ginevra, personaggi mitologici appartenenti alla saga dell’altrettanto noto Re Artù britannico.
E’ infatti leggendo la loro storia che Paolo trova il coraggio di baciare Francesca e di cedere alla tentazione che sarà poi causa della loro rovina. Non meglio è andata a Ginevra e Lancillotto il cui amore nasce quando il cavaliere salva la bella regina sposa di Artù dalla prigionia del cattivo Meleagant e, nonostante i tentativi di entrambi di non fare torto al saggio e amato Re, con il passare del tempo vengono del tutto travolti dalla passione che diverrà fatale sia per i protagonisti che, si narra, per lo stesso regno di Camelot.
Realtà e mito perché in un caso, quello di Paolo e Francesca, i personaggi sono realmente esistiti, mentre Lancillotto e Ginevra sono personaggi appartenenti alla leggenda che non hanno mai smesso di personificare l’amore vero anche se illecito e tragico.
Tra i vari film che narrano la storia di Lancillotto e Ginevra quello che romanticamente a mio avviso lo rappresenta meglio è ‘Il primo cavaliere’ di J. Zucker del 1995, interpretato da Sean Connery nei panni di Re Artù, Richard Gere in quelli di Lancillotto e Julia Ormond di Ginevra. Poco storico come film, riprende una delle diverse versione del mito, quella in cui Lancillotto era un mercenario capitato per caso alla corte di Re Artù, che si innamora della Regina e che alla morte del sovrano sembra quasi coronare il suo sogno d’amore con la benedizione dello stesso morente.
Sicuramente se c’è una cosa che Richard Gere ha saputo trasmettere bene è la passione fisica nei momenti clou del film - suo cavallo di battaglia – ma resta unica e maestosa in tutti i sensi l’interpretazione del sempre verde Sean Connery nei panni del più famoso e forse mai esistito Re della Gran Bretagna, Artù.





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