lunedì 31 dicembre 2012

‘A Christmas Carol’ e i buoni propositi per il nuovo anno


Charles Dickens  nel suo ‘A Christmas Carol’ ammonisce il vecchio misantropo e taccagno Scrooge a cambiare quanto prima la sua visione della vita e lo invita ad aprirsi agli altri e a far loro del bene, a  mettere in secondo piano il ‘Dio denaro’ e a ritrovare la dimensione umana che nel tempo aveva perduto. E come si sa bene l’ammonimento arriva attraverso la comparsa durante la sera del 24 Dicembre dei tre Spiriti del Natale, quello del Passato, quello del Presente e quello del Futuro, che rappresentano i primi due sintesi dell’intera vita del vecchio e il terzo di come andrà a finire se persisterà nel suo disdicevole stile di vita. Così, in questi giorni di vacanza, ho provato a fare una riflessione con l’aiuto dei tre spiriti, senza che il tutto abbia un risvolto troppo moralistico, ma per provare invece a focalizzare i buoni propositi per l’anno nuovo.

Lo Spirito del Passato, quella specie di bambino-anziano con la voce flebile e sussurrata e la forma di una candela, mi ha riportata ai Natali di quando ero piccola e la visione è stata molto piacevole. La famiglia si trasferiva dal Veneto in Emilia dove risiedevano i nonni materni e paterni. Le immagini ricorrenti sono quelle dell’abete davanti a casa dei miei nonni, adornato con le palline di plastica con dentro le lucine; il polpettone di tonno della Vigilia di Natale mangiato dai bambini in cucina mentre i grandi cenavano in salotto; l’apertura dei regali, uno, massimo due, perché quella volta non c’era l’esagerazione di oggi; la Messa e il pranzo del 25 dagli altri nonni con i magnifici tortellini in brodo fatti in casa dalla nonna materna; il pomeriggio al cinema dopo gli auguri agli zii, rituale piacevole e non modificabile. Così per diversi anni dell’infanzia e prima adolescenza e poi un rush veloce attraverso l’età giovanile ed infine adulta, con i successi e i fallimenti che la vita ti riserva per ‘costruire’ alla fine la persona che si rappresenta.

Lo Spirito del Presente, quel giovane-ma non troppo che ride in continuazione (ma cosa avrà poi tanto da sghignazzare?) mi riporta subito dopo all’oggi, alla mia bella famiglia e ai miei due magnifici bambini, ma anche ad alcuni rimpianti (e chi non ne ha?), alla stanchezza per alcune situazioni professionali non ottimali e al desiderio ma anche alla difficoltà oggettiva di coltivare interessi utili agli altri, oltre che a me stessa, e le poche ma buone amicizie che mi circondano.

Lo Spirito del Futuro: per fortuna non mi è venuta a trovare la signora con la falce come è successo a Scrooge!, ma comunque lo spirito muto, che ti indica come potrebbe essere se non cambi nulla rispetto a come stai vivendo l’oggi, mi ha fatto rifletter su uno o due aspetti su cui vorrei ‘lavorare’ per cambiare qualcosina con l’anno nuovo. Quindi li ho ben fissati in mente e come un nodo al fazzoletto il prossimo anno spero di poter fare un consuntivo positivo di come è andata. Non entrerò in dettaglio nella loro descrizione ma di certo riguarderanno famiglia e lavoro i due più impegnativi, approccio agli altri e le mie passioni i successivi.
Spero solo di non aver messo troppa carne al fuoco..

Buon anno nuovo e buoni propositi a tutti!



sabato 29 dicembre 2012

Il Natale, festività unica e allo stesso tempo sempre uguale


La settimana che va dalla sera della Vigilia di Natale al Capodanno è una settimana in cui si perde la cognizione del tempo, non si sa bene in quale giorno della settimana ci si trovi e quanto esattamente manchi alla ripresa delle attività ordinarie. Fa eccezione chi svolge dei lavori che in questa settimana vedono quadruplicata la normale attività, ma nel mio caso mi ritrovo fra quelli che riescono a godere di una piccola ma vera pausa festiva.
La staticità quindi di questi momenti si ripete ogni anno più o meno nello stesso modo, ma è una staticità non negativa, quasi magica, tempo sospeso che ci dovrebbe permettere di fare qualche riflessione che di solito non si riesce a fare. Ho trovato quindi molto piacevole la lettura di un piccolo gioiellino di Dylan Thomas (1914-1953), ‘A Child’s Christmas in Wales’, che racconta il Natale dell’autore da bambino trascorso nel suo paese natale in riva al mare in Galles. Le vicende narrate si svolgono dal pomeriggio della Vigilia alla sera del 25 Dicembre e l’incipit è significativo di come l’atmosfera del Natale sia una ri-correnza annuale che immancabilmente vede la reiterazione di usanze, comportamenti, colori, suoni  e finanche condizioni metereologiche sempre uguali a se stesse.
"Ogni Natale era così uguale agli altri…. che non riesco mai a ricordare se aveva nevicato per 6 giorni e 6 notti quando avevo 12 anni o se aveva nevicato per 12 giorni e 12 notti quando avevo 6 anni.

Così Dylan Thomas, con il suo stile unico, racconta il susseguirsi di aneddoti, attività svolte, rituali tipici di questa festività che, come perfettamente descritto in una bella recensione del racconto trovata nel web, sembrano bolle di sapone che si muovono in aria e scoppiando lasciano subito spazio a quelle successive. Forse associazioni mentali, semplici sinapsi che danno però un senso di leggerezza e armonia di una giornata sospesa, immobile come quella del Natale, ma contemporaneamente palcoscenico di tanti piccoli eventi.
Così il racconto passa dalla descrizione di una preparazione a una battaglia di palle di neve di due piccoli amici contro dei gatti-giaguari in un giardino innevato, all’intervento con le stesse palle di neve per spegnere un piccolo incendio scoppiato in casa della signora Prothero, padrona del giardino di cui sopra; dalla descrizione di altri giochi fatti con la neve ai postini che con il naso rosso e le dita delle mani e dei piedi congelati portano le cartoline di auguri di Natale suonando i campanelli all’ingresso delle case; dall’elenco dei regali utili a quello dei regali inutili ricevuti dai bambini per l’occasione; dalla descrizione degli zii che ‘..ci sono sempre..’ per celebrare la festa, che fumano i loro sigari con respiri che sembrano quasi farli scoppiare a quella della zia Hannah che corregge il suo te con il rum, perché tanto succede solo una volta all’anno!
E poi si susseguono le descrizioni degli scherzi e dei giochi dei bambini, del pranzo e del seguente te servito per l’ora di cena del giorno di Natale, delle luci, della musica e dei canti che vanno avanti tutta la notte fintanto che il protagonista non si addormenta nel suo letto dopo ‘..aver detto qualche parola alla vicina e santa oscurità’.

Dylan Thomas aveva scritto questo racconto per trasmetterlo in radio, cosa che fece registrandolo nel 1952 di persona (si trova la video-lettura di poetictouch.com su you-tube). Sono state fatte anche delle trasposizioni televisive del racconto, a mio avviso non molto fedeli all’originale, almeno quelle che ho trovato disponibili.
L’edizione che possiedo e che ho trovato è quella in lingua originale della Orion pubblicata nel 1993, un libricino piccolo e illustrato magnificamente da Edward Ardizzone in edizione definitiva del 1978, che trasmette l’incanto di questo spaccato di realtà così comune ma allo stesso tempo così surreale che non può non deliziare queste giornate di festa, sia dei grandi che dei bambini.

mercoledì 26 dicembre 2012

'Lost in Austen' il libro: meno male che sono già sposata!


Davvero, non ce l’ho fatta.. Dopo le ‘ammalianti’ presentazioni della cara Sylvia del blog Un te con Jane Austen e delle altrettanto care Lizzies- di cui Sylvia fa parte- del blog Old Friends & New Fancies, non ho resistito e per Natale mi sono regalata il libro ‘Lost in Austen’ di Emma Campbell Webster, nuovo nuovo di pubblicazione. Non ho nemmeno indotto qualche Babbo Natale a regalarmelo su richiesta, e non ho partecipato al Give Away di OF&NF perché dovevo averlo ... (in ogni caso ottima iniziativa Lizzies!). Così sono andata a comprarmelo nell’unica libreria del paese dove abito e naturalmente non ce l’avevano, o, meglio, ne avevano un’unica copia misteriosamente scomparsa, ‘..forse venduta..’! (ma come ‘forse’ - mi sono detta - non si registrano più le vendite??). Comunque dopo pochi giorni era arrivato e così il 24 Dicembre era nelle mie mani. Ieri ho iniziato subito a leggerlo nei pochi minuti liberi da impegni Natal-familiari e devo dire che le aspettative sono state soddisfatte per vari motivi:
         - innanzi tutto anche se in una forma non Austen d.o.c. e in una riuscita sintesi, è un bel ripasso dell’amato romanzo ‘Orgoglio e Pregiudizio’ di zia Jane;
         - poi le possibilità che si aprono sono davvero divertenti e permettono il richiamo a momenti degli altri romanzi non meno amati;
          - la lettura non è impegnativa, è semplice e dinamica e oltretutto devo dire che la protagonista (cioè chi legge) se ne sente dire un bel po’ dall’autrice circa difetti, sfortuna, scarsa intelligenza e via dicendo.
Insomma è davvero un gioco simpatico, peccato non poterlo fare assieme ad altre Janeites!
Al momento però c’è solo un neo, ma non mi do per vinta, perché sto cercando di far avverare il mio sogno segreto di cui parlerò più tardi.

Attenzione spoiler - da qui in avanti chi NON volesse anticipazioni sul libro non vada avanti.

Così nei panni di Lizzie Bennet ho cominciato a vivere in prima persona uno dei romanzi romantici più famosi al mondo e, conoscendolo assai bene, all’inizio mi viene quasi automatico procedere per la strada maestra che conduce all’ammirevole Darcy, ma poi all’improvviso mi scopro davvero negata per il ballo. Devo infatti scegliere fra due alternative di descrizione sul ‘Reel’ e naturalmente sbaglio. D’accordo, perdo punti in ‘Qualità’, ma posso procedere anche se zoppicando. A un certo punto però prendo coraggio e abbandono la via maestra e invece di invitare mia sorella Jane ad andare a distrarsi con gli zii a Londra, dopo la partenza di Bingley, ce ne andiamo assieme a Bath (e qui comincia la via per raggiungere il mio desiderio segreto..). Ho subito la fortuna di conoscere il non privo di qualità Tilney e la sorella, i quali mi invitano a Northanger Abbey e qui, curiosando nelle stanze dell’antica dimora, anche se discretamente, finisco imprigionata nelle grinfie – e nella stanza in solaio - di una vendicativa e gelosa Fanny Price che a nome di tutte le eroine austeniane mi isola per il resto della mia vita da tutti e mi uccide con 'la noia della sua mansuetudine.' Così arrivo miseramente alla fase due e fallisco la mia ricerca dell’amore vero, sob!
Ma non mi do per vinta, così torno un po’ sui miei passi e ,dopo aver proceduto per la strada maestra per un po’  nonchè aver perso diversi punti in ‘Intelligenza’ e ‘Fortuna’ (!), decido di accettare subito la prima proposta di matrimonio del magnifico Darcy così innamorato di me. E perché no? Secondo disastro totale. Lo sposo, d’accordo, vado a vivere a Pemberley ma da subito egli mi trascura e io mi annoio, per cui divento in breve una moglie fedifraga e mi butto nelle braccia del fattore della tenuta, semplice e un po’ rozzo, che veste i panni di niente meno che Robert Martin! Ma come, non amava spassionatamente Harriet? Si viene a sapere della relazione, scoppia lo scandalo degli scandali, scappiamo, finiamo in rovina e anche per odiarci e finisce così orrendamente la mia vita amorosa..
Quindi se permettete ‘sorge spontanea’ una riflessione e torno al titolo del post: meno male che sono già sposata!
Ma scherzi a parte, non mi arrendo ancora perché, non solo mi sto divertendo, ma non ho ancora perso la speranza di far avverare il mio sogno segreto: sposare il bel capitano Wentworth!.. e so che potrei anche farcela nei panni di Elizabeth Bennet!

sabato 22 dicembre 2012

Natale in casa March


Due sono i Natali descritti in ‘Piccole donne’ il capolavoro di Louisa May Alcott, perché di un anno è la descrizione del percorso di crescita delle 4 sorelle March così differenti fra loro ma pezzi di un puzzle unico e armonico tenuto assieme dal raro e solido affetto familiare che traspare da ogni pagina del romanzo. Difficilmente non si sa chi sono Meg, Jo, Amy e Beth, le sorelle qui in ordine di età, che animano pagina dopo pagina questo classico della letteratura americana. Vorrei però soffermarmi sullo spirito natalizio descritto nei due momenti di apertura e conclusione del romanzo che sebbene descrivano il primo il momento più difficile che sta attraversando la famiglia e, il secondo, il più felice, mantengono comunque lo stesso livello di magica unicità che ricorre in questo periodo dell’anno.
‘Natale non sarà Natale senza qualche regalo..’, e chi afferma il contrario sa quanto invece gradito sia, anche se piccolo e di poco valore, un dono ricevuto per questa occasione. Così Jo esordisce all’inizio del libro quasi a premonire l’immagine della mattina di Natale in cui svegliandosi  osserva che non vi  sono calze appese al camino, ma poi all’improvviso ricorda che la mamma le aveva detto che sotto il cuscino di ognuna di esse al risveglio ci sarebbe stata una piccola sorpresa. E cos’è più bello che ricevere un libricino rilegato con una copertina di diverso colore per ogni sorella? Che sorpresa e che felicità seppur in un piccolo dono come quello!
L’atto del donare in tema natalizio è una tradizione cristiana riconosciuta che simbolicamente trae origine dal dono per eccellenza che Dio ha fatto all’umanità, ovvero suo figlio, il Cristo; ma il dono è anche quello che i Magi portano a Gesù bambino, dopo aver fatto molta strada seguendo la Cometa, per onorare la nascita del Re dei Re.
Vero però è che il Natale è soprattutto l’occasione in cui ci si ritrova assieme ai propri cari, alcuni dei quali non si vedono da tempo, per trascorrere qualche ora in armonia a raccontarsi novità o a ricordare eventi passati. Il festeggiamento dell’evento della nascita viene fatto con la preparazione di cibi che, tra la tradizione pagana e religiosa, ricordano l’unione del presente e del passato, momento dove il soprannaturale è molto a contatto con il reale.
E quale occasione migliore che non sedersi attorno a una tavola ben imbandita?
La seconda sorpresa del primo Natale narrato delle sorelle March è stata quella di trovare una cena straordinaria che la famiglia, caduta in rovina, da molto tempo non poteva permettersi: due coppe di gelato di panna per le sorelle, ‘..dolci, frutta e leccornie francesi da far girare la testa..’accompagnati da quattro bellissimi mazzi di fiori,  tutto offerto dal generoso anche se burbero nonno di Laurence.
Che gioia assaporare assieme una cena come quella dopo che le quattro ragazze avevano offerto la loro colazione a una famiglia più povera di loro come dono di Natale.
Un Natale semplice ma speciale quindi su cui però grava l’unica nota stonata, ovvero l’assenza del padre, lontano perché in servizio nella guerra di Secessione.

Nel loro percorso di crescita di un anno ecco che alla fine del romanzo ritroviamo le quattro sorelle alle prese con i preparativi del secondo Natale in casa March.
Le ragazze sono cresciute, e quanto ai doni, più che l’aspetto materiale di questi è il contesto e la sorpresa che colma di felicità chi li riceve che conta: dapprima Jo e Laurence preparano un buffo pupazzo di neve per la convalescente Beth, ornato con un rotolo di musica, uno scialle afgano e un inno di Natale scritto dai due complici in onore della ‘Regina Bessie’.
Ma ancor di più, la sorpresa che emoziona tutti e corona la felicità del momento è il ritorno inaspettato del padre dalla Guerra che, sebbene anch’egli convalescente, è riuscito a riunirsi alla sua amata famiglia.
L’atmosfera è completata poi dall’ingresso di un nuovo soggetto nella famiglia March, quello del Sig. Brooke, fidanzato di Meg tanto osteggiato da Jo in quanto per lei elemento turbatore di quel puzzle unico di cui si diceva all’inizio. Egli invece saprà perfettamente integrarsi nel quadro generale così come molto più avanti anche Laurence, precedentemente rifiutato da Jo.
Il Natale quindi si sublima nel pranzo, a cui partecipano anche Laurence e il nonno,  mai così ben riuscito come quello preparato per l’occasione da Hannah la domestica: tacchino ripieno, dorato e con decorazioni, squisite marmellate e budino. Non si cita altro tipo di cibo, ma sembra comunque un pranzo da sultano, con il reale sospetto che sia più la compagnia che il cibo stesso a fare dell’occasione la più bella festa dell’anno.

Concludo con un video di un episodio del cartoon ‘Piccole donne’, che anche se ben lontano dalla perfezione dei bellissimi film realizzati negli anni 1949 e 1994, e con un’improbabile Jo biondissima, trasmette comunque bene la dimensione di ingenua spensieratezza con cui nell’adolescenza o poco più si affrontano le prove semplici e difficili della vita.



Buon Natale

domenica 16 dicembre 2012

La magia delle festività natalizie



Periodo natalizio e di festività, freddo, luci e addobbi colorati..frenesia della gente che, in alcuni casi spinta dall’entusiasmo vero per l’evento o in altri dal rispetto delle convenzioni, corre qua e là a comprare pensierini per i cari. Un po’ di malinconia anche, perché il periodo anche metereologicamente parlando lo prevede: con la neve si attenuano i rumori, il tempo sembra sospeso a Natale, in attesa di qualcosa di vecchio da lasciare e qualcosa di nuovo da accogliere. Così le mie letture di questo periodo si spostano su libri a tema o che comunque descrivono passaggi o momenti festivi natalizi, mentre lascio solo momentaneamente sospese le letture già avviate. Non ci sono novità che le/gli appassionate/i  della letteratura di genere romantico dell’800 non conoscano, ma in ogni caso nei prossimi post di Dicembre vorrei soffermarmi a ricordare la magia del Natale che così bene emerge da capolavori come ‘Piccole donne’ e ‘Un sogno di Natale e come si avverò’ di Louisa May Alcott, ‘Canto di Natale’ di Charles Dickens, che sto leggendo in questi giorni al mio ometto di 5 anni, e un gioiellino di Dylan Thomas che ho recuperato usato e in lingua originale perché introvabile nelle librerie italiane, intitolato ‘A child’s Christmas in Wales’.
Nel frattempo auguro a tutti di passare un ‘lieto Natale’, di Dickensiana memoria, per dedicare un pensiero o un dono a chi ne ha bisogno, la giusta intimità ai propri cari per cui si ha sempre meno tempo e un momento di riposo ‘mentale’ a se stessi con una buona lettura, sano e pacato nutrimento dello spirito.

Buon Natale da Laura 





martedì 11 dicembre 2012

L'origine dell'amore romantico: il mito greco


Romantico è l'amore eterno che gli innamorati si giurano e mantengono fin che morte non li separi e, se possibile, anche dopo. I miti greci, altro filone  di letture da me predilette, sono ricchi di racconti di grandi passioni, anche se spesso fugaci: le famose scappatelle di Zeus o di Apollo ne sono l'esempio concreto, se di qualcosa di concreto si può parlare nella mitologia.
Tre in particolare invece sono gli esempi di amore assoluto di questo lontano ma straordinario periodo storico, che dimostrano come la punizione originaria di Zeus all'uomo primordiale poichè essere perfetto e bastante a se stesso, sia stata la causa originaria di amori profondi e duraturi anche in tempi caratterizzati da costumi liberi e poco convenzionali come quelli degli antichi greci. 
Narra infatti Platone nel suo 'Simposio' attraverso al voce di Aristofane: 
'Un tempo gli uomini erano esseri perfetti, non mancavano di nulla e non v'era la distinzione tra uomini e donne. Ma Zeus, invidioso di tale perfezione, li spaccò in due: da allora ognuno di noi è in perenne ricerca della propria metà, trovando la quale torna all'antica perfezione.'
Il mito di Orfeo ed Euridice è una delle più belle tragedie greche che raccontano di come il potere dell'arte e dell'amore siano tali da far quasi riuscire a far tornare dagli Inferi l'amata metà perduta. Si narra infatti che Euridice, moglie del trace Orfeo, morì a seguito del morso di un serpente, e il marito, famoso per le sue arti musicali, per la disperazione ricorse ad esse e al suono della sua lira per attraversare gli Inferi, giungere da Ade e Persefone e convincere quest'ultima a restituirgli l'amata. Persefone impietosita dal coraggio e dalla passione di Orfeo gli concede di far tornare in vita Euridice a patto che nel riattraversare gli inferi non si giri mai a guardarla finchè non ne fosse completamente fuoriuscito. Ma giunto proprio sulla soglia del regno dei morti, non riuscendo più a resistere, Orfeo si gira e vede così svanire per sempre nelle tenebre dell'eternità lo spirito di Euridice.
Il mito di Eros e Psiche narra invece della passione scoppiata fra la divinità simbolo dell'amore per eccellenza e la giovane fanciulla succube dei capricci degli dei, che apparentemente destinata a non trovar marito, fa invece involontariamente innamorare colui che di solito è artefice con i suoi dardi dei 'colpi di fulmine' per antonomasia. Dovendo però rimanere il loro amore segreto, Eros non solo rapisce la fanciulla  e la porta al sicuro nel suo castello, ma fa in modo che ella non lo veda mai e quindi riconosca, limitando i loro incontri passionali al buio della notte, espediente utile a non far infuriare la divina madre Venere. Spinta però dalle sorelle e dalla curiosità, una notte Psiche scorge alla luce di una lampada ad olio il bellissimo volto del suo amore addormentato, il quale, svegliatosi all'improvviso, l'accusa di aver rotto la promessa di non cercare di svelare in alcun modo la sua identità e vola via abbandonandola  seppur controvoglia. Psiche pur di riavere il suo amato supererà molte prove ma alla fine riuscirà a ricongiungersi a lui coronando le sue fatiche nonostante tutto. In realtà il mito viene narrato con diversi finali, non tutti a lieto fine a seconda dell'autore, ma a me piace pensare che sia questo quello 'vero'. Altro esempio di amore coniugale profondo e fedele nonostante tutto è quello di Andromaca per Ettore, l'eroe troiano ucciso da Achille. Andromaca nel momento cruciale della battaglia fra troiani e achei supplica il marito di non esporsi a rischi mortali ma lui, guerriero fiero e responsabile va incontro al suo destino di morte lasciando la moglie vedova infelice e costretta a diventare concubina del re nemico. Bellissimi i versi del VI libro dell'Iliade che descrivono lo straziante dialogo di addio fra i due coniugi. Dopo varie vicissitudini Andromaca sposa da ultimo il fratello di Ettore, Eleno, rimanendo però a fedele nella memoria al primo marito. 
La mitologia greca è piena anche di 'villains' se più modernamente li vogliamo definire, a partire da Zeus, marito fedifrago di Demetra, che piu' volte ha sedotto e abbandonato bellissime fanciulle, spesso anche con curiosi espedienti pur di possederle,  ovvero trasformandosi ora in cigno, con Leda, ora in Toro, con Europa e così via. Non da meno anche se numericamente con meno fanciulle sono stati Teseo, che dopo aver giurato amore eterno ad Arianna, la abbandona alle suo destino che piu' tardi prenderà nome di Dionisio, o Giasone che a causa del suo abbandono porterà alla follia la povera Medea che ne ucciderà i figli per vendetta; come non ricordare poi l'uomo/eroe egoista per eccellenza, Ulisse, che abbandona la povera Penelope per molti anni e quando finalmente ritorna a lei dopo diversi tradimenti, ne elimina i pretendenti e poi la riabbandona perchè incapace di non pensare ad affrontare altre e più sfidanti avventure.
Questi sono solo pochi esempi delle moltissime storie eterne o fugaci, che intrecciandosi si sono sviluppate ai confini fra il divino e l'umano nelle geniali menti dei nostri avi. Ma al di là del reale significato o della reale funzionalità della mitologia , quanta passione, amore e romanticismo è possibile scorgere già in questi capolavori di arte oratoria che ci sono stati tramandati?