sabato 29 dicembre 2012

Il Natale, festività unica e allo stesso tempo sempre uguale


La settimana che va dalla sera della Vigilia di Natale al Capodanno è una settimana in cui si perde la cognizione del tempo, non si sa bene in quale giorno della settimana ci si trovi e quanto esattamente manchi alla ripresa delle attività ordinarie. Fa eccezione chi svolge dei lavori che in questa settimana vedono quadruplicata la normale attività, ma nel mio caso mi ritrovo fra quelli che riescono a godere di una piccola ma vera pausa festiva.
La staticità quindi di questi momenti si ripete ogni anno più o meno nello stesso modo, ma è una staticità non negativa, quasi magica, tempo sospeso che ci dovrebbe permettere di fare qualche riflessione che di solito non si riesce a fare. Ho trovato quindi molto piacevole la lettura di un piccolo gioiellino di Dylan Thomas (1914-1953), ‘A Child’s Christmas in Wales’, che racconta il Natale dell’autore da bambino trascorso nel suo paese natale in riva al mare in Galles. Le vicende narrate si svolgono dal pomeriggio della Vigilia alla sera del 25 Dicembre e l’incipit è significativo di come l’atmosfera del Natale sia una ri-correnza annuale che immancabilmente vede la reiterazione di usanze, comportamenti, colori, suoni  e finanche condizioni metereologiche sempre uguali a se stesse.
"Ogni Natale era così uguale agli altri…. che non riesco mai a ricordare se aveva nevicato per 6 giorni e 6 notti quando avevo 12 anni o se aveva nevicato per 12 giorni e 12 notti quando avevo 6 anni.

Così Dylan Thomas, con il suo stile unico, racconta il susseguirsi di aneddoti, attività svolte, rituali tipici di questa festività che, come perfettamente descritto in una bella recensione del racconto trovata nel web, sembrano bolle di sapone che si muovono in aria e scoppiando lasciano subito spazio a quelle successive. Forse associazioni mentali, semplici sinapsi che danno però un senso di leggerezza e armonia di una giornata sospesa, immobile come quella del Natale, ma contemporaneamente palcoscenico di tanti piccoli eventi.
Così il racconto passa dalla descrizione di una preparazione a una battaglia di palle di neve di due piccoli amici contro dei gatti-giaguari in un giardino innevato, all’intervento con le stesse palle di neve per spegnere un piccolo incendio scoppiato in casa della signora Prothero, padrona del giardino di cui sopra; dalla descrizione di altri giochi fatti con la neve ai postini che con il naso rosso e le dita delle mani e dei piedi congelati portano le cartoline di auguri di Natale suonando i campanelli all’ingresso delle case; dall’elenco dei regali utili a quello dei regali inutili ricevuti dai bambini per l’occasione; dalla descrizione degli zii che ‘..ci sono sempre..’ per celebrare la festa, che fumano i loro sigari con respiri che sembrano quasi farli scoppiare a quella della zia Hannah che corregge il suo te con il rum, perché tanto succede solo una volta all’anno!
E poi si susseguono le descrizioni degli scherzi e dei giochi dei bambini, del pranzo e del seguente te servito per l’ora di cena del giorno di Natale, delle luci, della musica e dei canti che vanno avanti tutta la notte fintanto che il protagonista non si addormenta nel suo letto dopo ‘..aver detto qualche parola alla vicina e santa oscurità’.

Dylan Thomas aveva scritto questo racconto per trasmetterlo in radio, cosa che fece registrandolo nel 1952 di persona (si trova la video-lettura di poetictouch.com su you-tube). Sono state fatte anche delle trasposizioni televisive del racconto, a mio avviso non molto fedeli all’originale, almeno quelle che ho trovato disponibili.
L’edizione che possiedo e che ho trovato è quella in lingua originale della Orion pubblicata nel 1993, un libricino piccolo e illustrato magnificamente da Edward Ardizzone in edizione definitiva del 1978, che trasmette l’incanto di questo spaccato di realtà così comune ma allo stesso tempo così surreale che non può non deliziare queste giornate di festa, sia dei grandi che dei bambini.

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