Romantico è
l'amore eterno che gli innamorati si giurano e mantengono fin che morte non li
separi e, se possibile, anche dopo. I miti greci, altro filone di letture
da me predilette, sono ricchi di racconti di grandi passioni, anche se spesso
fugaci: le famose scappatelle di Zeus o di Apollo ne sono l'esempio concreto,
se di qualcosa di concreto si può parlare nella mitologia.
Tre in
particolare invece sono gli esempi di amore assoluto di questo lontano ma
straordinario periodo storico, che dimostrano come la punizione originaria di
Zeus all'uomo primordiale poichè essere perfetto e bastante a se stesso, sia
stata la causa originaria di amori profondi e duraturi anche in tempi
caratterizzati da costumi liberi e poco convenzionali come quelli degli antichi
greci.
Narra infatti
Platone nel suo 'Simposio' attraverso al voce di Aristofane:
'Un tempo gli
uomini erano esseri perfetti, non mancavano di nulla e non v'era la distinzione
tra uomini e donne. Ma Zeus, invidioso di tale perfezione, li spaccò in due: da
allora ognuno di noi è in perenne ricerca della propria metà, trovando la quale
torna all'antica perfezione.'
Il mito di Orfeo
ed Euridice è una delle più belle tragedie greche che raccontano di come il
potere dell'arte e dell'amore siano tali da far quasi riuscire a far tornare
dagli Inferi l'amata metà perduta. Si narra infatti che Euridice, moglie del
trace Orfeo, morì a seguito del morso di un serpente, e il marito, famoso per
le sue arti musicali, per la disperazione ricorse ad esse e al suono della sua
lira per attraversare gli Inferi, giungere da Ade e Persefone e convincere
quest'ultima a restituirgli l'amata. Persefone impietosita dal coraggio e dalla
passione di Orfeo gli concede di far tornare in vita Euridice a patto che nel
riattraversare gli inferi non si giri mai a guardarla finchè non ne fosse
completamente fuoriuscito. Ma giunto proprio sulla soglia del regno dei morti,
non riuscendo più a resistere, Orfeo si gira e vede così svanire per sempre
nelle tenebre dell'eternità lo spirito di Euridice.
Il mito di Eros e
Psiche narra invece della passione scoppiata fra la divinità simbolo dell'amore
per eccellenza e la giovane fanciulla succube dei capricci degli dei, che
apparentemente destinata a non trovar marito, fa invece involontariamente
innamorare colui che di solito è artefice con i suoi dardi dei 'colpi di
fulmine' per antonomasia. Dovendo però rimanere il loro amore segreto, Eros non
solo rapisce la fanciulla e la porta al sicuro nel suo castello, ma fa in
modo che ella non lo veda mai e quindi riconosca, limitando i loro incontri
passionali al buio della notte, espediente utile a non far infuriare la divina
madre Venere. Spinta però dalle sorelle e dalla curiosità, una notte Psiche
scorge alla luce di una lampada ad olio il bellissimo volto del suo amore
addormentato, il quale, svegliatosi all'improvviso, l'accusa di aver rotto la
promessa di non cercare di svelare in alcun modo la sua identità e vola via
abbandonandola seppur controvoglia. Psiche pur di riavere il suo amato
supererà molte prove ma alla fine riuscirà a ricongiungersi a lui coronando le
sue fatiche nonostante tutto. In realtà il mito viene narrato con diversi
finali, non tutti a lieto fine a seconda dell'autore, ma a me piace pensare che
sia questo quello 'vero'. Altro esempio di
amore coniugale profondo e fedele nonostante tutto è quello di Andromaca per
Ettore, l'eroe troiano ucciso da Achille. Andromaca nel momento cruciale della
battaglia fra troiani e achei supplica il marito di non esporsi a rischi
mortali ma lui, guerriero fiero e responsabile va incontro al suo destino di
morte lasciando la moglie vedova infelice e costretta a diventare concubina del
re nemico. Bellissimi i versi del VI libro dell'Iliade che descrivono lo
straziante dialogo di addio fra i due coniugi. Dopo varie vicissitudini
Andromaca sposa da ultimo il fratello di Ettore, Eleno, rimanendo però a fedele
nella memoria al primo marito.
La mitologia
greca è piena anche di 'villains' se più modernamente li vogliamo definire, a
partire da Zeus, marito fedifrago di Demetra, che piu' volte ha sedotto e
abbandonato bellissime fanciulle, spesso anche con curiosi espedienti pur di
possederle, ovvero trasformandosi ora in cigno, con Leda, ora in Toro,
con Europa e così via. Non da meno anche se numericamente con meno fanciulle
sono stati Teseo, che dopo aver giurato amore eterno ad Arianna, la abbandona
alle suo destino che piu' tardi prenderà nome di Dionisio, o Giasone che a
causa del suo abbandono porterà alla follia la povera Medea che ne ucciderà i
figli per vendetta; come non ricordare poi l'uomo/eroe egoista per eccellenza,
Ulisse, che abbandona la povera Penelope per molti anni e quando finalmente
ritorna a lei dopo diversi tradimenti, ne elimina i pretendenti e poi la
riabbandona perchè incapace di non pensare ad affrontare altre e più sfidanti
avventure.
Questi sono solo
pochi esempi delle moltissime storie eterne o fugaci, che intrecciandosi si
sono sviluppate ai confini fra il divino e l'umano nelle geniali menti dei
nostri avi. Ma al di là del reale significato o della reale funzionalità della
mitologia , quanta passione, amore e romanticismo è possibile scorgere già in
questi capolavori di arte oratoria che ci sono stati tramandati?
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