Adone, figlio di
Mirra, è un bellissimo giovane di cui Venere si innamora perdutamente e che
insegue e brama, curandosi di null’altro se non di lui. Adone ricambia
tiepidamente le attenzioni della bella dea, dedicandosi invece con maggior
piacere alla caccia. La Dea cerca di dissuaderlo dal dare la caccia ad animali
selvaggi e pericolosi come fiere, cinghiali e leoni, ma nonostante ciò, durante
una battuta di caccia egli viene ferito a morte all’inguine (o al fianco
secondo altre versioni) da un cinghiale selvatico e muore fra le braccia di una
sconvolta e inconsolabile Venere, che non è riuscita a modificare il triste
presagio che la pervadeva . Disperata per la perdita la dea invoca che dal
sangue di Adone si generi un fiore che lo ricordi per sempre e che porterà a
lungo affisso nel suo delicato petto, l’anemone.
Il mito
originario dice che l’attacco del cinghiale sia stato frutto della vendetta di
Ares, l’amante tradito e offeso di Venere.
Ovidio nel Libro Decimo delle ‘Metamorfosi’ giustifica l’innamoramento di Venere come frutto della ferita di una freccia di Cupido, infertale per sbaglio mentre si accostava alla madre per baciarla. L’amore di Venere rappresentato da Ovidio è struggente e protettivo mentre Adone è meramente l’oggetto delle sue attenzioni.
Shakespeare nel poema ‘Venere e Adone’ invece ci da una rappresentazione della passione travolgente e bramosa di Venere verso un Adone indifferente e riluttante alle attenzioni della più bella fra le dee, che quasi infantilmente fa invece prevalere la sua passione per la caccia. La Venere shakespeariana è un’eroina romantica a tutto tondo che soffre per non essere ricambiata e che anela le attenzioni del suo amato con frasi come queste:
Ovidio nel Libro Decimo delle ‘Metamorfosi’ giustifica l’innamoramento di Venere come frutto della ferita di una freccia di Cupido, infertale per sbaglio mentre si accostava alla madre per baciarla. L’amore di Venere rappresentato da Ovidio è struggente e protettivo mentre Adone è meramente l’oggetto delle sue attenzioni.
Shakespeare nel poema ‘Venere e Adone’ invece ci da una rappresentazione della passione travolgente e bramosa di Venere verso un Adone indifferente e riluttante alle attenzioni della più bella fra le dee, che quasi infantilmente fa invece prevalere la sua passione per la caccia. La Venere shakespeariana è un’eroina romantica a tutto tondo che soffre per non essere ricambiata e che anela le attenzioni del suo amato con frasi come queste:
“Duro,
tenace sei, acciaio, pietra,
più che
pietra: la pietra all’acqua cede.
Perché tu,
generato da una donna,
non conosci
l’amore e i suoi tormenti?
Fosse stata,
tua madre, un’insensibile,
sarebbe
morta sola, e tu mai nato…
Che idea ti
fai di me, che mi disprezzi?
Deturpi le
tue labbra, se mi baci?
Parlami, o
dolce; ma sii dolce o taci…”
Shakespeare, dal Poema ‘Venere e
Adone’
Questo mito così magnificamente richiamato da sublimi
poeti viene altrettanto magnificamente rappresentato da geni dell’arte visiva
come Canova, Rubens e Tiziano e il rischio della Sindrome di Stendhal si fa sempre più
serio…
Auguro a tutti una solare Primavera.
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