domenica 26 maggio 2013

Dai miti ai romanzi, l’atemporalità del racconto dell’amore impossibile



Il mito di Tisbe e Piramo, di origini babilonesi, narra di due bellissimi giovani appartenenti a due famiglie che abitavano in case attigue ma che vivevano fra incomprensioni e in profondo conflitto.
Un alto muro separava i giardini adiacenti delle due proprietà e solo attraverso una crepa i due innamorati riuscivano a parlarsi. Vista la difficile situazione, i due giovani decisero di scappare all’insaputa delle famiglie e organizzarono un incontro notturno presso un grande gelso al riparo da sguardi indiscreti. Arrivata per prima, Tisbe incontrò però una leonessa che era appena tornata dalla sua caccia e fuggendo per mettersi in salvo perse un velo che la belva mordette e strappò con la bocca ancora  insanguinata dalle prede. Piramo, giunto al luogo dell’appuntamento, trovò la veste imbrattata dal sangue che pensava fosse della sua amata e sconvolto dall’idea che Tisbe fosse stata uccisa decise di farla finita trafiggendosi con la sua spada. Tornata al luogo dell’appuntamento, Tisbe vide il suo amato esangue a terra e, disperata, decise di farla finita gettandosi sulla spada che le aveva già sottratto il suo amore. Gli dei, impietositi dalla vicenda dei due innamorati, in loro memoria fecero in modo che i fiori del gelso avessero da quella volta il colore del sangue tragicamente versato.

Questo antico e bellissimo mito mette in luce tematiche eterne che già nell’antichità babilonese, greca o dei popoli del nord, passando per il Medioevo con Shakespeare, per arrivare all’800, sono state tramandate, riprese e rielaborate in storie con esiti più o meno drammatici.
Ostacoli come l’inadeguatezza di giovani amanti nell’affrontare le imposizioni o faide delle famiglie d’origine,  la passionalità che ottunde i sensi, che fa perdere la razionalità e compiere gesti estremi, o destini che separano amori seppur giovani ma sinceri e profondi, a volte anche per semplici malintesi o espedienti magici, si ritrovano in tutte le epoche.
Un altro famoso mito, questo proveniente dai popoli del nord, che parla di un amore vero ma infelice, è quello di Brunilde e Sigfrido. Valchiria lei, guerriero valoroso lui, dopo essersi innamorati, subiscono il destino avverso che li vede separati da intrighi di uomini e dèi calcolatori, che con l’aiuto di pozioni magiche fanno si che Sigfrido dimentichi Brunilde e che lei rinunci al suo amato andando sposa ad un altro con l’inganno ordito dal neo sposo  in complicità con lo stesso Sigfrido. Il sentimento di vendetta che poi si scatenerà in Brunilde, una volta svelati gli intrighi e convinta di essere stata prima illusa e poi tradita da Sigfrido, porterà alla tragica fine sia di Sigfrido, ucciso da Hagen su ordine del marito di Brunilde, che della stessa Brunilde che vinta dai sensi di colpa si suicida e getta nel rogo per riunirsi al suo perduto amore.

Passando al Medioevo, non si può non citare ‘Romeo e Giulietta’ di Shakespeare, che presenta molte affinità con il mito di Piramo e Tisbe, oltre che con quello di Tristano e Isotta, come già commentato qui.

Arrivando poi all’Ottocento, troviamo richiami ai temi dei diversi interessi familiari che si oppongono all’unione di giovani
immagine tratta dal blog 'ilpaesedeibambiniche sorridono'
innamorati in ‘Persuasione’ di Jane Austen ad esempio, dove la nobile, anche se decaduta famiglia di lei, disdegna anche solo l’idea che Anne si unisca ad un povero capitano di Marina in cerca di fortuna. Lunga la separazione e profonde le sofferenze che però trovano molti anni dopo il giusto lieto fine. Più tragica invece la conclusione della passione, consumata ma impossibile da sostenere dell’ ‘Anna Karenina’ di Tolstoij per il bel Vronskij, conclusasi con il suicidio di lei. Questi solo per citare i più famosi.

Che siano miti orali tramandati dunque od opere di grandi poeti e drammaturghi nonché di romanzieri o scrittori, ricorre eterno, perché umano, il tema dell’amore impossibile, della sublimazione dello stesso nella sofferenza e spesso nell’atto tragico che tocca le corde emotive più profonde dello spettatore di ogni epoca.   

lunedì 20 maggio 2013

Testa o Cuore: associazioni fra Jane Austen e Chiara Gamberale



Aprile è stato un mese difficile, troppo complicato per riuscire a dedicare più di qualche ora e mettere per iscritto i pensieri che mi passano per la testa su un libro letto o un film visto..e Maggio si è aperto e prosegue ancora peggio, se possibile! Oggi è il 20 e ancora non sono riuscita a postare nulla…= aspetto negativo. Sono invece riuscita a concludere -finalmente- un libro che avevo sul comodino da tempo, ‘il Diario del Capitano Wentworth’, dopo una serie di letture a singhiozzo impostemi = aspetto positivo. Negli ultimi giorni poi, nei ritagli minimi di tempo e grazie ad un prestito casuale, sono riuscita a fare anche una lettura che poco ha a che fare con il periodo da me amato e qui spesso descritto, l’’800, ma che mi ha coinvolta e fatta riflettere su possibili (e forse un po’ strampalate) connessioni con i romanzi da me preferiti, con -ancora una volta - particolar riferimento a quelli di zia Jane = aspetto super positivo.

Il libro in questione è ‘Quattro etti d’amore, grazie’, di Chiara Gamberale, pubblicato a Marzo di quest’anno da Mondadori, che parla di due tipe, Tea ed Erica, la prima attrice un po’ stravagante e la seconda giovane donna tutta dedita a figli, casa-marito e lavoro (in quest’ordine preciso), che poco paiono avere in comune ma che alla fine sono travolte dallo stesso sentimento di disagio scaturito dal tipo di vita scelto, che le fa ad un certo punto rigurgitare quell’ ‘If I  was’ o ‘If I had chosed’ che a mio modesto avviso capita prima o poi, e più o meno, a tutte/i.

Lettura interessante, per me strategicamente veloce (circa un giorno), leggera ma non superficiale; modernissima per le scene di vita descritte, come ad esempio l’ossessione per il social network come via di fuga dal quotidiano, e contemporaneamente senza età per alcuni temi portanti trattati, l’amore, la famiglia, il bisogno di ritrovarsi e di dare un senso alla propria dimensione femminile.

Difficile non identificarsi in una delle due protagoniste, se non del tutto almeno in parte, in alcuni casi anche con entrambe, magari a seconda della stagione della propria vita che si vuole prendere in considerazione. Ma quello da cui è partito a un certo punto lo spunto per trovare associazioni semi-serie o semi-sensate con i romanzi da me in genere prediletti, è il titolo della serie TV/Soap di cui Tea, l’attrice appunto, è stata per 3 anni protagonista: ‘Testa o Cuore’. In sintesi, la serie TV consisteva nel rappresentare le medesime vicende di una coppia senza nome, Lei e Lui, dal punto di vista o del Cuore o della Testa, ed è inutile dire che gli esiti di queste cambiavano profondamente a seconda della strada intrapresa. Interessante confronto, non c’è che dire!

Testa o Cuore sono le due possibilità che sembra avere l’essere umano per determinare le proprie azioni, analizzando, vagliando scelte e comportamenti dettati da puro ragionamento o lasciandosi trasportare dal sentimento e dalla scarsa razionalità di chi decide ‘di pancia’ o ‘di cuore’ appunto. Ma in realtà le due dimensioni non sono così distinte e alla fine il loro inevitabile compenetrarsi stravolge le prospettive di scelte che per lungo tempo possono sembrare inconfutabili.

E bene lo sapeva anche Jane Austen quando ha creato le sue eroine più famose.     
Elinor e Marianne Dashwood in ‘Ragione e Sentimento’, sono Testa e Cuore per due terzi del romanzo: alla fine alla razionalissima Elinor strabocca il Cuore d’amore per il mite pastore Edward mentre la passionale Marianne riesce a domare il suo con una Ratio /Testa conquistata a seguito delle pene d’amore sofferte per lo scapestrato Willoughby.
Ma anche Elizabeth Bennet in ‘Orgoglio e Pregiudizio’ per metà romanzo osserva i fatti e i giovani personaggi che le ruotano attorno con la Testa: li analizza, li sminuzza e interpreta perdendo di vista quanto di più impalpabile e pervadente si stava generando dentro e fuori di lei, il sentimento per il suo odiato/amato Mr. Darcy.

Vite realmente vissute o inventate da scrittrici più o meno famose, sembrano svilupparsi in un continuo tira e molla di queste due dimensioni, Testa e Cuore, facce opposte della medesima medaglia.