Aprile è stato un
mese difficile, troppo complicato per riuscire a dedicare più di qualche ora e
mettere per iscritto i pensieri che mi passano per la testa su un libro letto o
un film visto..e Maggio si è aperto e prosegue ancora peggio, se possibile!
Oggi è il 20 e ancora non sono riuscita a postare nulla…= aspetto negativo.
Sono invece riuscita a concludere -finalmente- un libro che avevo sul comodino
da tempo, ‘il Diario del Capitano Wentworth’, dopo una serie di letture a
singhiozzo impostemi = aspetto positivo. Negli ultimi giorni poi, nei ritagli
minimi di tempo e grazie ad un prestito casuale, sono riuscita a fare anche una
lettura che poco ha a che fare con il periodo da me amato e qui spesso
descritto, l’’800, ma che mi ha coinvolta e fatta riflettere su possibili (e
forse un po’ strampalate) connessioni con i romanzi da me preferiti, con
-ancora una volta - particolar riferimento a quelli di zia Jane = aspetto super
positivo.
Il libro in questione
è ‘Quattro etti d’amore, grazie’, di
Chiara Gamberale, pubblicato a Marzo di quest’anno da Mondadori, che parla di
due tipe, Tea ed Erica, la prima attrice un po’ stravagante e la seconda
giovane donna tutta dedita a figli, casa-marito e lavoro (in quest’ordine
preciso), che poco paiono avere in comune ma che alla fine sono travolte dallo
stesso sentimento di disagio scaturito dal tipo di vita scelto, che le fa ad un
certo punto rigurgitare quell’ ‘If I
was’ o ‘If I had chosed’ che a mio modesto avviso capita prima o poi, e più
o meno, a tutte/i.
Lettura
interessante, per me strategicamente veloce (circa un giorno), leggera ma non
superficiale; modernissima per le scene di vita descritte, come ad esempio
l’ossessione per il social network come via di fuga dal quotidiano, e
contemporaneamente senza età per alcuni temi portanti trattati, l’amore, la
famiglia, il bisogno di ritrovarsi e di dare un senso alla propria dimensione
femminile.
Difficile non
identificarsi in una delle due protagoniste, se non del tutto almeno in parte,
in alcuni casi anche con entrambe, magari a seconda della stagione della
propria vita che si vuole prendere in considerazione. Ma quello da cui è
partito a un certo punto lo spunto per trovare associazioni semi-serie o
semi-sensate con i romanzi da me in genere prediletti, è il titolo della serie
TV/Soap di cui Tea, l’attrice appunto, è stata per 3 anni protagonista: ‘Testa
o Cuore’. In sintesi, la serie TV consisteva nel rappresentare le medesime
vicende di una coppia senza nome, Lei e Lui, dal punto di vista o del Cuore o
della Testa, ed è inutile dire che gli esiti di queste cambiavano profondamente
a seconda della strada intrapresa. Interessante confronto, non c’è che dire!
Testa o Cuore
sono le due possibilità che sembra avere l’essere umano per determinare le
proprie azioni, analizzando, vagliando scelte e comportamenti dettati da
puro ragionamento o lasciandosi trasportare dal sentimento e dalla scarsa
razionalità di chi decide ‘di pancia’ o ‘di cuore’ appunto. Ma in realtà le due
dimensioni non sono così distinte e alla fine il loro inevitabile compenetrarsi
stravolge le prospettive di scelte che per lungo tempo possono sembrare
inconfutabili.
E bene lo sapeva
anche Jane Austen quando ha creato le sue eroine più famose.
Elinor e Marianne Dashwood in ‘Ragione e
Sentimento’, sono Testa e Cuore per due terzi del romanzo: alla fine alla
razionalissima Elinor strabocca il Cuore d’amore per il mite pastore Edward
mentre la passionale Marianne riesce a domare il suo con una Ratio /Testa conquistata a seguito delle
pene d’amore sofferte per lo scapestrato Willoughby.
Ma anche
Elizabeth Bennet in ‘Orgoglio e Pregiudizio’ per metà romanzo osserva i fatti e
i giovani personaggi che le ruotano attorno con la Testa: li analizza, li
sminuzza e interpreta perdendo di vista quanto di più impalpabile e pervadente
si stava generando dentro e fuori di lei, il sentimento per il suo odiato/amato
Mr. Darcy.
Vite realmente
vissute o inventate da scrittrici più o meno famose, sembrano svilupparsi in un
continuo tira e molla di queste due dimensioni, Testa e Cuore, facce opposte
della medesima medaglia.
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