martedì 31 dicembre 2013

Ultimo post dell'anno o post dell'Ultimo dell'anno

Oggi è il 31 dicembre e senza voler fare bilanci di quanto è ormai passato o fare buoni e lucidi propositi per quello che verrà, accolgo tutte le novità che il 2014 sicuramente mi riserva con la speranza e la curiosità dell'intraprendere un nuovo viaggio che, se proseguono i cicli precedenti della mia vita, potrebbe interessare almeno una decade. Oggi però voglio concentrarmi su questo giorno particolare dove molti sono intenti a preparare o a prepararsi per la cena che porterà al notturno brindisi che sancirà al contempo la fine e l'inizio di un capitolo di vita.
Sulle piste da sci questa mattina erano in pochi, infatti ne ho trovati moltissimi ammassati davanti al bancone del piccolo 'supermercato' del paese montano ad acquistare tutto ciò che tra questa sera e domani sarà ingurgitabile. Tra ieri ed oggi gli autobus hanno scaricato molti giovani sorridenti con valigioni contenenti maglioni pesanti per il giorno ed abitini adatti a farsi notare al veglione organizzato negli hotel in vista della zona. Su facebook numerosa è la risposta all'invito alla festa dove magari già l'anno scorso ci si era conosciuti o si aveva partecipato con grande divertimento. I 'Ci sarò' o 'mi piace' fioccano come una promessa che coinvolge molte persone indipendentemente dal fatto che si conoscano appena o per nulla. In piazza è tutto pronto per i festeggiamenti notturni a diversi gradi sotto zero, e i fuochi d'artificio illumineranno ancora una volta i profili delle silenziose montagne innevate che assumeranno i colori più straordinari visibili durante l'anno. Poi calerà il silenzio del primissimo mattino del primo giorno del nuovo anno.
Osservando questo e pensando a quello che sarà nelle prossime ore, mi è venuto in mente un racconto di Charles Dickens che descrive i festeggiamenti dell'ultimo dell'anno nella Londra del 1836 e interessanti sono le similitudini che a distanza di quasi due secoli si possono ancora intravvedere. Il racconto si intitola 'L'Anno Nuovo' e Dickens, prima di immedesimarsi nel racconto della festa che si sta svolgendo nella casa dalle persiane verdi di fronte alla sua, da cui osserva il via e vai degli ospiti e della servitù con i rifornimenti, introduce con queste parole:
“..Devono pur esserci alcune circostanze dell'anno vecchio che possiamo rievocare con un sorriso di allegra reminescenza, se non con un sentimento di sincera gratitudine. E ogni norma di giustizia ed equità ci impone di dare credito all'Anno Nuovo di essere buono, finchè non si dimostri indegno della fiducia che gli accordiamo”.
Osservando i preparativi della festa, l'abbigliamento e le acconciature dei primi ospiti in arrivo, Dickens intuisce che la festa che si sta svolgendo è senza alcun dubbio un 'ricevimento con ballo di quadriglia', probabilmente organizzata da un alto funzionario pubblico, che quindi richiamerà persone di altrettanta levatura sociale.
Fra questi vi è un tal Mr Tupple, un giovane azzimato in carriera, che essendo stato invitato per il semplice motivo che lavora nell'ufficio del padrone di casa, si fa accogliere, accettare e gradire da tutti riuscendo sia ad intrattenere le signore con le buone maniere e discorsi vari e superficiali al punto giusto, sia sollevando applausi di riconoscimento del pubblico maschile al padrone di casa ossequiandolo con mille complimenti e più. Questo Mr Tupple è l'emblema dell'invitato mezzo sconosciuto che riesce ad attirare l'attenzione per essere 'l'ospite modello' nell'ambito dei rituali dell'alta società, dove le frasi fatte, gli opportuni elogi al pubblico maschile e le giuste galanterie a quello femminile, nonchè la giusta dose di musica e alcolici rendono lieta anche la festa più scontata. Così conclude la descrizione della festa Dickens:
“..Giovanotti già troppo timidi per ballare prima di cena ora trovano favella e compagna di danza; i musicisti mostrano inequivocabili sintomi di avere, in assenza dei convitati, accolto l'anno nuovo con libagioni; e il ballo si prolunga fino alle ore molto avanzate del mattino dell'anno nuovo.”
E allora nel ripetersi della festa che annuncia i dodici rintocchi solenni che sanciscono l'inizio di un'altra pietra miliare della nostra vita non mi resta che augurare a tutti 

lunedì 30 dicembre 2013

Zuccotto e Zuppa Inglese: la tradizione dei dolci delle festività natalizie

La mia famiglia è di origini emiliane e uno dei dolci 'mitici' o 'mitologici' che dir si voglia, che per anni non poteva assolutamente mancare a tavola durante le festività natalizie, porta il nome di 'Zuccotto'. 
A me non ha mai fatto impazzire perchè, seppur gli ingredienti di base siano eccezionali (Pan di Spagna, savoiardi, crema di ricotta, cioccolato e panna a volontà spesso sostituiti con creme di gelato), nella versione amata in famiglia è letteralmente inzuppato di Alchermes, quel liquorino rosso alla cocciniglia che a me proprio non piace. In realtà non mi piace nessun dolce con dentro del liquore che si senta, compreso il tiramisù ubriacone in cui a volte mi capita di incappare. Tornando allo Zuccotto, questo è un dolce semifreddo di origine fiorentine che ha la forma secondo alcuni di cappello da prete o secondo altri di elmo di soldato. Bene, per molti molti anni, e nella versione chiamata 'alla Zuppa Inglese' per il liquore di cui sopra, ha trionfato a tavola poiché, essendo il dolce preferito anche dal fratellone, che per primo si è 'staccato' dalla famiglia di origine, questo veniva servito ogniqualvolta egli tornava per le festività. A onor del vero oltre a questo dolce in tavola ne venivano serviti anche altri, per cui la mia insofferenza verso il semifreddo svaniva in un battibaleno.
Nel tempo questa usanza si è un po' sfumata, un po' perchè in Veneto non è facile trovare lo Zuccotto nelle pasticcerie, un po' perchè il fratellone per motivi logistici non era sempre con noi a Natale, per cui il dolce a cupoletta è stato sostituito da altre delizie non alcoliche. Ma come d'incanto, da quando anch'io mi sono staccata dalla famiglia di origine per formarne una tutta mia, ecco risbucare fuori una tradizione molto simile a quella di cui sopra! In questo caso non trattasi di Zuccotto alla Zuppa Inglese ma della Zuppa Inglese vera e propria. Anche questo dolce, nonostante il nome, si narra che abbia origini toscane e che fu inventato da una domestica appunto toscana che era al servizio di una famiglia inglese e che, per non buttare via i biscotti avanzati dal giorno di Natale li inzuppò di liquore e li farcì di deliziosa crema pasticcera e al cioccolato, dando origine così al famoso dolce tutt'altro che inglese. La nonna di mio marito, che da giovane prestava servizio presso una famiglia a Roma dove la Zuppa Inglese veniva preparata nel periodo natalizio, ha portato questa tradizione nella sua famiglia di origine veneta e, da allora ad oggi, annualmente ne viene preparata una maestosa riproduzione con budino al cioccolato, crema pasticcera, savoiardi, molto Pan di Spagna e...litri di Alchermes!
Per fortuna non sono l'unica a cui non piacciono i liquori nei dolci e allora, per par condicio, il suddetto dolce dalle dimensioni davvero notevoli viene preparato per due terzi in versione alcolica e un terzo in versione al caffè. Per i più piccoli poi viene anche preparato un mini formato con il Pan di Spagna bagnato con caffè d'orzo o con succo di frutta, e così alla fine sono tutti soddisfatti e satolli! Anche questa volta la 'persecuzione' dell'Alchermes è stata aggirata, ma evidentemente è destino che questa specie di elisir, che tanto mi ricorda un altro preparato rossiccio, altrettanto in disuso e anche più misterioso chiamato Assenzio, mi segua ovunque.



domenica 29 dicembre 2013

La neve cade

La neve cade, la neve cade.
Alle bianche stelline in tempesta
si protendono i fiori del geranio
dallo stipite della finestra.

La neve cade e ogni cosa è in subbuglio,
ogni cosa si lancia in un volo,
i gradini della nera scala,
la svolta del crocicchio.

La neve cade, la neve cade,
come se non cadessero i fiocchi,
ma in un mantello rattoppato
scendesse a terra la volta celeste.

Come se con l’aspetto d’un bislacco
dal pianerottolo in cima alle scale,
di soppiatto, giocando a rimpiattino,
scendesse il cielo dalla soffitta.

Perché la vita stringe. Non fai a tempo
a girarti dattorno, ed è Natale.
Solo un breve intervallo:
guardi, ed è l’Anno Nuovo.

Densa, densissima la neve cade.
E chi sa che il tempo non trascorra
per le stesse orme, nello stesso ritmo,
con la stessa rapidità o pigrizia,

temendo il passo con lei?
Chi sa che gli anni, l’uno dietro l’altro,
non si succedano, come la neve,
o come le parole di un poema?

La neve cade, la neve cade,
la neve cade e ogni cosa è in subbuglio:
il pedone imbiancato,
le piante sorprese,
la svolta del crocicchio.
Boris Pasternàk

martedì 24 dicembre 2013

Buon Natale!

" Dalla nostra allegra casa
Per il mondo andiamo
Una settimana sola all'anno,
Inverno in primavera mutiamo
Con la gioia che portiamo,
Perchè è giunto il buon Natale.

Ora la stella orientale
Brilla da lontano
A illuminare le case dei più poveri;
E i cuori si scaldano,
E piovono regali,
Perchè è giunto il buon Natale.

E gli alberi felici crescono
Davanti agli occhi dei bambini,
Fioriscono di contagiosa allegria;
voci gioiose cantano,
E gaie suonano le campane,
Perchè è giunto il buon Natale.

Oh, felice scampanio,
Oh, tempo beato,
Che ci fa stare tutti tanto vicini!
'Benvenuto, giorno amato',
Dicono tutte le creature,
Perchè è giunto il buon Natale."
                                      L. M. Alcott








Merry Christmas to all of you!

domenica 22 dicembre 2013

L'Albero di Natale: visioni felici e visioni tristi

Uno dei simboli per eccellenza del Natale è l'albero, che qualche settimana prima del 25 Dicembre viene preparato ed addobbato con lucine, pacchetti, palline e piccoli oggetti.
E' sotto l'albero che vengono messi i regali la notte del 24 da un 'Babbo Natale' che, assonnato, in pigiamone e senza renne che lo accompagnano (al massimo è seguito da un cagnolone o un bel gattone domestico), alimenta l'immaginazione dei suoi bambini! L'albero è il simbolo della vita e del suo rinnovarsi, sia nella tradizione pagana che in quella cristiana, e si narra che il primo albero allestito specificatamente per le feste di Natale, di cui si ha memoria scritta, sia stato preparato nella città tedesca di Riga nel 1510. Per qualche secolo rimase tradizione quasi esclusiva delle popolazioni di religione protestante dell'Europa del Nord, e bisognerà attendere il 1800 per vederne la massima diffusione anche nell'ambito della religione cattolica. Penso che ognuno di noi abbia provato da bambino la gioia e l'allegria della preparazione dell'albero, la magia che si rinnova ogni qualvolta si accendono le luci e la sorpresa carica di speranza nello scoprire quei colorati pacchetti alla sua base la mattina del 25 Dicembre.
Mia mamma mi racconta spesso di come ai suoi tempi gli alberi erano addobbati con fiocchi di cotone, mandarini, frutta secca e monete di cioccolato. Io ricordo ancora i colori e le forme delle palline che più mi piacevano dell'albero che si preparava in famiglia quando ero piccola: sono poche quelle sopravvissute ancora oggi! Tutto ciò per dire quanto sappia di gioia e di festa questo speciale momento. Così, provando a cercare nella letteratura, specialmente quella dell'800, qualcuno che lo abbia decantato con arte e sapienza, ero contenta di aver scoperto che autori come Hans Christian Andersen o Charles Dickens stesso avevano dedicato dei racconti proprio all'albero di Natale. Ma quale sorpresa però... Ne 'L'albero di Natale' di Andersen, l'autore narra con grazia e semplicità il viaggio di un bellissimo abete che fin da giovane ammirava con un po' di invidia tutti gli alberi adulti che venivano scelti e portati via per essere utilizzati ed addobbati in occasione del Natale. Non riusciva a godere della natura, degli animali che sotto di lui trovavano ricovero, degli uccellini che cinguettavano in primavera e del caldo sole che lo ritemprava in estate. L'albero pensava solo a quando sarebbe stato il suo turno per raggiungere lo splendore a cui era destinato. Così un giorno fu scelto e portato in una casa signorile dove la servitù lo preparò con fiocchi e candele, i bambini ne ammirarono lo sfarzo per qualche istante fino all'apertura dei doni e, dopo questi pochi momenti felici, venne trascinato dalla stessa servitù in soffitta al buio, dove l'albero rinsecchì fino al giorno in cui fu tagliato a pezzi e bruciato.
Nella frase finale dell'albero che sospira mentre brucia è riassunta la morale di questa fiaba per bambini: “Se almeno mi fossi rallegrato quando potevo! Finito! Finito!”. Profondo il significato ma un po' triste l'epilogo natalizio dell'albero.. Non parliamo poi di Dickens che nel suo singolare racconto 'A Christmas Tree' del 1850 circa, parte dalla descrizione felice e gioiosa degli addobbi di un bell'albero di Natale che è ornato con giocattoli di legno tedeschi, piccoli pacchettini con fiocchetti colorati e mano a mano che ne descrive le caratteristiche si sposta con l'immaginazione alla sua infanzia (come è noto non proprio felicissima) e improvvisamente gli oggetti assumono un dimensione diversa, animata e a tratti spaventosa perchè riportano a galla tutti i suoi incubi di bambino: così l'uomo di cartoncino che si appendeva e si tirava con una cordicella per lui si contorceva in mosse sinistre; la maschera che da gioco diventa sguardo fisso e terrificante che neanche a chiuderla a chiave in un mobile toglie la paura; o il bel colore del mantello di Cappuccetto Rosso che ben si intona con il Natale diventa ammonimento del suo tragico destino ad opera del lupo nella tetra foresta..e man mano che Dickens descrive l'albero dalle radici alla punta, gli incubi si fanno sempre più un tutt'uno con la sua fervente immaginazione in uno spazio onirico esclusivo popolato di personaggi sinistri e fantasmi. Poi il ritorno alla realtà nell'ultima pagina dove l'autore conclude il racconto con un messaggio di speranza e fiducia quasi ad esorcizzare le sue ataviche paure rimandando alla grandezza di Dio che governa con “..la legge dell'amore e della bontà, della misericordia e della compassione”. Per questi autori pensieri felici e tristi circondano l'aurea magica di questo simbolo del Natale, perchè l'adulto nel tempo perde l'ingenuità del bambino e non si ferma all'effetto gioioso che l'esperienza, soprattutto se bella e festosa, dona al suo piccolo essere. Per fortuna però in molti adulti quell'ingenuità non viene persa del tutto e così, molto spesso, per queste persone i pensieri tristi tendono a sfumarsi in questo periodo dell'anno.

giovedì 19 dicembre 2013

E' tempo di Natale..

Manca poco meno di una settimana al Natale e l'aria comincia a caratterizzarsi di quella magia e di quell'attesa che mai viene meno nonostante i tempi difficili in cui viviamo.    
I preparativi nel mio caso sono partiti da poco, molto ancora mi resta da fare in questo week end, ma tutte cose che distolgono dai pensieri più importanti e impegnativi che mi aspettano con il nuovo anno. Non mancano in questo periodo le letture a tema natalizio, di cui posterò qualcosa, e non, che sono più o meno sempre di autori/autrici dell'Ottocento. In sequenza, dopo i festeggiamenti con i parenti, faremo una capatina in montagna e poi, il 4 di Gennaio mi aspetta un'avventura di cui non voglio anticipare nulla perchè prima devo 'viverla' e poi ne racconterò ogni minimo dettaglio! Il periodo natalizio è il mio preferito perchè mi da quella sensazione che tutto si prenda una giusta pausa per dedicarsi agli altri in qualche modo o dedicarsi in un modo diverso anche solo a se stessi...e questo è un ottimo spunto per passare un felice Natale tutti quanti.




domenica 15 dicembre 2013

Jane Austen e i film di Richard Linklater: passione, amore e sintonia possono resistere nel tempo?

Premetto che l'esercizio che mi accingo a fare può sembrare azzardato, magari lo è, ma il mettere a confronto il romanzo di Jane Austen da me in assoluto preferito, 'Persuasione', con i 3 film del regista Linklater 'Before Sunrise', 'Before Sunset' e 'Before Midnight'
mi è venuto quasi naturale dopo aver completato la visione della trilogia cinematografica. La mia passione per Jane Austen è nota mentre questi film per me sono una scoperta molto recente, poiché non li avevo mai sentiti nominare e li ho conosciuti solo a seguito delle recensioni sui blog cinematografici che seguo. Detto e fatto, li ho recuperati e visti in sequenza molto stretta! Before 'Sunrise': nel 1995, i poco più che ventenni Jesse, americano e Celine, francese, si incontrano occasionalmente in treno e fra loro scatta un'intesa e una passione che li porta a passare fuori programma un'unica ed intera giornata assieme a Vienna. Le poche ed intense ore trascorse saranno determinanti per
fondare il loro ideale romantico di amore eterno che, sigillato in una promessa di rivedersi dopo 6 mesi nello stesso posto, li porta a sublimarsi in esso. 'Before Sunset': le circostanze non aiutano Jesse e Celine a mantenere la promessa di rivedersi e non potendo rintracciarsi si incontrano dopo quasi 10 anni a Parigi, durante il tour promozionale del libro scritto da Jesse, che parla proprio della loro storia d'amore. Le poche ore che si dedicano prima della partenza di lui per l'America, annullano in un colpo solo lo spazio temporale della forzata lontananza e l'insoddisfazione delle reciproche storie personali: l'amore mai assopito e in parte idealizzato di Jesse e Celine torna ad essere attrazione unica ed assoluta per entrambi con nuove e più mature sfumature. 'Before Midnight': è il 2013 e non si capisce subito se 9 anni prima Jesse aveva ripreso l'aereo per tornarsene in patria. Si scopre poi che non solo i due protagonisti sono rimasti assieme, ma che hanno avuto 2 gemelle e che vorrebbero completare la famiglia con l'inclusione in forma permanente anche del figlio di Jesse, che vive negli USA con la ex moglie. Emerge subito la sintonia mai persa fra i due protagonisti, che avendo però acquisito nel rapporto solidità, confidenza e conoscenza reciproca più profonda, mettono allo scoperto anche tutti i difetti e le fragilità che smitizzano e raffreddano sia la passione che l'amore nella loro forma più romantica.
La sfida è quella di resistere negli anni, di provare a crederci ancora nel ricordo di quello che ha fatto di loro la coppia che sono, nonostante i segni visibili del tempo e i momenti difficili che contrassegnano inevitabilmente le storie di chiunque. Qualcuno ha definito questa trilogia una vera e propria saga, che potrebbe benissimo proseguire dopo un altro opportuno intervallo temporale; ma se saga è nel senso cinematografico del termine è anche rappresentazione fedelissima ed estremamente umana di una realtà in cui molti possono riconoscersi. Dopo aver visto quindi i film, le mie riflessioni mi hanno portata a fare il paragone con 'Persuasione' per il semplice motivo che anche nel romanzo austeniano viene trattato il tema dell'incontro, del riconoscimento di essere l'uno la metà giusta per l'altra, della perdita (causale nei film e forzata nel romanzo) e del ritrovarsi dopo poco meno di 10 anni, annullando in pochi attimi l'intervallo temporale che da solo non è riuscito a rompere quel legame profondo e unico nato in giovane età.
 La Austen descrive poco e lascia trapelare magistralmente dai ricordi di Anne la prima fase dello sviluppo della storia della sua eroina e del bel Capitano Wentworth. La passione e l'entusiasmo che permettono di andare oltre ogni convenzione sono però l'elemento portante di questa fase di innamoramento. Molto più dettagliata e snodo centrale dello sviluppo della storia invece è, nel romanzo ottocentesco, la seconda fase, quella del ritrovamento, della riconciliazione e dello sviluppo vero e proprio di quell'amore profondo che fino ad allora era stato solo il riflesso idealizzato della passione giovanile. Ma, come in 'Before Sunrise', la iniziale diffidenza, il chiarirsi dell'inconveniente non voluto che ha determinato la separazione e la nuova consapevolezza di essere irrimediabilmente parte uno dell'altra seguono lo stesso schema e sviluppo per portare al giusto coronamento di questo umano ed eterno sentimento. La differenza sostanziale che invece caratterizza il mio singolare accostamento del romanzo 'Persuasione' con i tre film di Linklater è che la Austen, qui come in tutti gli altri suoi romanzi, si ferma in quello che potremmo
definire l'apice della storia d'amore, si ferma al suo coronamento con il matrimonio e non lascia spazio a quello che potrebbe essere il successivo evolversi nel bene e nel male delle vicende dei due protagonisti se non con brevissimi e molto sfumati accenni. Rimane quindi assoluto l'effetto positivo del percorso fatto dagli innamorati, pur fra mille difficoltà iniziali, e sembra quasi che la Austen, che di realismo ne aveva donde, non voglia intenzionalmente rovinarne l'aurea narrando il seguito che inevitabilmente porta ad affievolire nella quotidianità anche le storie più intense. In 'Before Midnight' invece questo è rappresentato molto bene, anche se, a mio avviso, con a tratti un eccesso di sottolineature su aspetti come il sesso perduto, l'antagonismo professionale e le abitudini casalinghe (lui che sporca, lei che pulisce sempre, etc..). Non posso dire che mi sia piaciuto quest'ultimo film, ma per come sono fatta, provo uguale interesse sia nell'immaginarmi come la storia possa continuare senza avere troppi suggerimenti, sia nell'osservare come gli altri hanno deciso di svilupparla, anche se io avrei preferito altri finali.. 

lunedì 2 dicembre 2013

‘Romanzo rosa’ di Stefania Bertola, il genere Melody e i corsi di formazione




E’ da quasi un mese che non riesco a scrivere una riga nel mio blog, un mese intenso per le decisioni prese e le conseguenze da gestire in ambito professionale, che non mi hanno dato tregua nelle ultime settimane, sia a livello emotivo che pratico: ho lasciato il lavoro dopo 13 anni nello stesso posto e ora sto valutando cosa
voglio fare da qui in avanti. Tempismo perfetto, direbbe qualcuno visto il momento, e il bello è che non sto cercando di fare una cosa simile da qualche altra parte, ma sto valutando cosa davvero voglio fare per non ricadere nel loop senza via d’uscita di prima. Ma sono ottimista nonostante tutto e convinta che qualcosa di buono salterà fuori! Quindi, adesso che è Dicembre, mese di festa e di messa a punto dei buoni propositi per l’anno nuovo (questo per me più che mai) voglio riprendere ad alimentare queste ‘pagine’ con la giusta frequenza (ecco il primo proposito!). Come sa chi mi segue da un pò, quando vado sotto stress e il poco tempo si riduce al massimo per film, letture e riflessioni e ho quindi bisogno a tutti i costi di una lettura che mi aiuti a traguardare il momento, applico la tecnica della ‘scelta a pancia’ di cui ho già accennato in quest'altro post. La copertina della scelta fatta la settimana scorsa anche questa volta buttava sul rosa, con tocchi però di bordeaux, le pagine andavano un po’ oltre le 150, questo ne ha 200 tonde ma va bene lo stesso, e il titolo era perfetto: ‘Romanzo rosa’. Stefania Bertola è l’autrice, una scrittrice torinese di cui non avevo mai sentito parlare e di cui non avevo ancora letto nulla, ma devo dire che con questo romanzo (del 2012 Ed. Einaudi) mi ha davvero risollevato non solo l’umore ma fatto passare momenti piacevoli e divertenti che consiglio a chiunque abbi bisogno di un non banale sollievo. Il titolo sa tanto di ‘Harmony’ ed infatti parla di questo genere ma senza esserlo, o meglio si’ in parte lo è ma come caricatura che alla fine volge ad altro. La scelta della trama è geniale e davvero simpatica, poichè senza uscire dalla routinaria e scialba quotidianità della protagonista, ne descrive una settimana sola di vita particolarissima che apre una parentesi ricca di  aneddoti, personaggi e colpi di scena inaspettati. Entrando nel vivo del romanzo – quindi da qui attenzione spoiler – l’autrice racconta di Olimpia una bibliotecaria di 58 anni, che vive sola con due gatti a farle compagnia, in una minuscola casetta con mini giardino, tirando avanti modestamente per far quadrare i conti e che ha come unici svaghi le visite delle nipoti ormai grandicelle e nel pieno dei conflitti amorosi e, di
domenica, le visite della vicina di casa per qualche partita a canasta. Niente di più ordinario senonché Olimpia decide di iscriversi ad un corso di formazione della durata di 8 giorni presso il Circolo dei Lettori che insegna a scrivere un romanzo in soli 8 giorni appunto! Il genere è quello definito dei ‘Melody’, per me da sempre ‘Harmony’, le cui collane infinite da sempre fanno sognare un tipo di pubblico femminile che vuole storie semplici, non d’autore, dove lui è l’uomo dei sogni, lei l’eroina che vince sempre e con la degna conclusione di un bel matrimonio  perfetto a coronamento del tutto. La cosa geniale di questo libro è che a chi legge sembra di frequentare davvero il corso, perché si trova descritte le dispense distribuite da un’eccentrica docente/famosa autrice di Melody, dove viene spiegato come si deve scegliere il genere (l’hot fire, il melody poliziesco, il melody history o l’ECS  alias ‘esperienze e creature sovrannaturali’, etc), il tipo di situazione base (tre in tutto), il nome dei protagonisti, piuttosto che le ambientazioni o i personaggi di contorno. Ogni capitolo quindi si apre con la dispensa con le istruzioni generali ma anche particolari di come si deve procedere capitolo dopo capitolo del libro da creare, fino alla conclusione assolutamente necessaria per il genere, della dichiarazione d’amore con richiesta della mano da parte di lui. Ma la cosa ancora più divertente è che in questo romanzo vengono riportati gli sforzi letterari di Olimpia, i diversi capitoli scritti ogni sera per l’indomani,  con i commenti e le sonore bacchettate che la tremenda Forneris (la docente tutta tacchetti, braccialetti e golf di angora rosa) rivolge a lei e agli altri partecipanti al corso. In più Olimpia, oltre che essere attiva nella sua impresa di diventare scrittrice, è anche spettatrice delle storie che nascono fra gli allievi del corso e in qualche caso anche confidente e dispensatrice di saggi consigli. Non descrivo la conclusione perché davvero ne consiglio la lettura, che
in due giorni al massimo è completabile senza problemi. Voglio però sottolineare come sia stata brava questa autrice a lavorare su diversi metapiani senza creare confusione e descrizioni inutili ma cogliendo con grande ironia sia l’essenza del genere Melody, spesso disprezzato eppure sempre attualissimo, e della quotidianità semplice e fatta di sacrifici delle persone comuni, che dedicandosi una parentesi per sé (il corso in questo caso) riescono a scoprire nuove opportunità o a fare nuove conoscenze che cambieranno le loro vite. A questo punto, penso che comincerò a cercarmi un bel corso di formazione e magari come Olimpia scoprirò un talento inespresso che mi farà chiarezza sul cosa voglio fare davvero da qui in avanti, chissà..