mercoledì 20 agosto 2014

'L'età del desiderio': come Jennie Fields ha raccontato l'educazione sentimentale di Edith Warthon

Che Edith Warthon, premio Pulitzer del 1921 per il romanzo 'L'età dell'innocenza', sia una delle più grandi scrittrici americane dei primi del Novecento è noto. Che sia stata resa ancora più famosa al pubblico grazie all'indimenticabile film omonimo di Scorsese (1993) interpretato da Daniel Day Lewis, Michelle Pfeiffer e Winona Rider è altrettanto noto.
Edith Warthon
Opere poi come la 'Casa della gioia' o 'Ethan Frome' (di cui ho già parlato qui) ne dimostrano tutta la capacità di entrare nel merito sia della profondità psicologica dei personaggi da lei creati che nelle contraddizioni tipiche della società americana del periodo. Quello che invece si conosce poco della Warthon è la sua biografia, che di romanzesco e drammatico ha ancora di più dei libri da lei scritti. Jennie Fields, sulla base della ricostruzione di scambi epistolari fra la Warthon e la sua tutrice/segretaria/amica Anna ed alcuni dei suoi illustri amici fra cui Henry James, ha ricostruito, in forma romanzata, la vita di questa determinata quanto geniale donna partendo a raccontarla da quando aveva 46 anni. L'educazione sentimentale a cui fa riferimento il titolo stesso, parte infatti per la Warthon a metà della sua vita, da quando cioè ella stessa aveva creduto che era impossibile uscire da quei binari convenzionali e di facciata che il suo matrimonio ufficiale con Teddy Warthon, di 12 anni più vecchio di lei e culturalmente troppo distante dal suo mondo, aveva definitivamente cementato. Così non fu invece e cosa successe ce lo racconta la Fields nel suo romanzo 'L'età del desiderio' (2013) Ed. Neri Pozza.
Morton Fullerton
La Warthon, esponente dell'alta borghesia newyorkese e dei circoli culturali in maggior voga del periodo, era solita svernare a Parigi, città da lei eletta come fulcro dei suoi interessi intellettuali e sociali che andavano ad alimentare il suo genio creativo. E fu qui che grazie al suo amico Henry James conobbe Morton Fullerton, l'affascinante uomo, vivace intellettuale, giornalista del Times ma dai dubbi costumi morali che diventerà il suo amante e la sua ragione di vita in quel periodo che lei stessa definì di 'vera vita'. Come se il suo passato fosse stato semplicemente nulla di più che un prologo e appunto la sua 'vera vita' fosse iniziata da quel momento, la Warthon subirà un risveglio dei sensi, del suo essere donna e di tutte le complicazioni che la gelosia, il rispetto per se stessa e il rifiuto per le falsità comporteranno.
E. Warthon e H. James 
La malattia psichiatrica del marito, che precipita in coincidenza con questa presa di coscienza di Edith, l'evoluzione e allo stesso tempo la conferma del rapporto profondo con Anna, che diventa coprotagonista in questo romanzo, accentuano ancora di più la straordinaria evoluzione della seconda parte della vita di questa grande autrice, con la quale diventa inevitabile sentirsi in sintonia sia per la passione provata e vissuta che per la forza delle decisioni prese fino alla fine. Un romanzo che consiglio e la cui necessità di finirne la lettura vi ossessionerà...se siete fatte un po' come me!


venerdì 15 agosto 2014

Opera all'aperto: 'Madama Butterfly' di Giacomo Puccini

Quest'anno è saltato il mio appuntamento fisso con l'Arena di Verona anche se, visto il tempo, il rischio di saltarlo comunque sarebbe stato molto alto anche avendo prenotato il biglietto.
Ma grazie ad una carissima amica non è invece saltata l'occasione di vedere uno spettacolo di opera all'aperto. Quest'anno il contesto è stata la piazza di una cittadina del Friuli in provincia di Pordenone, che da qualche anno diventa palco per una notte d'estate di famose opere di classiche magistralmente dirette e interpretate. Il 30 luglio di quest'anno è toccato a 'Madama Butterfly' di Puccini, opera che ancora non avevo avuto l'occasione di ammirare perchè, per qualche strano motivo, l'ho sempre considerata minore rispetto ad un' Aida o un Nabucco per fare qualche esempio. Da qui probabilmente si nota la mia non così profonda conoscenza di questo genere, per quanto mi appassioni molto comunque. La rappresentazione è stata davvero suggestiva: Hiroko Morita è stata una toccante e bravissima Cio-Cio-San, che ha saputo trasmettere fino in fondo la trepida speranza del ritorno del suo amato e l'altrettanto drammatica consapevolezza di averlo perso per sempre.
Sia l'ufficiale americano Pinkerton che lo Sharpless mediatore, interpretati da Domenico Menini e Gabriele Ribis, hanno garantito un'ottima qualità della rappresentazione, accompagnati dalla competente e ottima esecuzione dell'orchesta guidata da Eddi De Nadai, direttore d'orchestra originario di queste terre. La perla della serata è stata la partecipazione di una rappresentanza dei cori aderenti all' U.S.C.I. Provinciale, che alla fine del secondo atto, mentre Butterfly attende trepidante il ritorno di quello che considera ancora il suo sposo, esegue la melodia a bocca chiusa, così suggestiva e così drammatica da preannunciare malinconicamente la tragedia finale.
Il terzo atto si conclude con la drammatica uscita di scena di una Cio-Cio-San spezzata dal dolore, che dopo aver affidato il figlioletto al padre e alla sua moglie legittima, si toglie la vita non sapendo come far fronte alla disperazione che l'attanaglia. Bella l'opera, bravissimi gli interpreti, l'orchestra e il coro senza voce; molto adatto e suggestivo il contesto dell'antica piazza della cittadina friulana. Concludo con una curiosità che non conoscevo: l'interprete della Butterfly, l'opera che Puccini dedicò alla Regina d'Italia Elena di Montenegro, deve essere obbligatoriamente giapponese, a garanzia della tradizione e della maggior immedesimazione nella sfortunata protagonista così tanto amata.


E con questi versi, che invitano a sperare fino all'ultimo in un futuro positivo, concludo questo post augurando a tutti un sereno Ferragosto.

Un bel dì, vedremo
levarsi un fil di fumo sull'estremo
confin del mare.
E poi la nave appare
E poi la nave è bianca.
Entra nel porto, romba il suo saluto.
Vedi? È venuto!
Io non gli scendo incontro, io no. Mi metto
là sul ciglio del colle e aspetto, aspetto
gran tempo e non mi pesa
la lunga attesa.
E... uscito dalla folla cittadina
un uomo, un picciol punto
s'avvia per la collina.
Chi sarà? Chi sarà?
E come sarà giunto
che dirà? che dirà?
Chiamerà Butterfly dalla lontana.
Io senza dar risposta
me ne starò nascosta
un po' per celia, un po' per non morire
al primo incontro, ed egli alquanto in pena
chiamerà, chiamerà:
«Piccina – mogliettina
olezzo di verbena»
i nomi che mi dava al suo venire.
(a Suzuki)
Tutto questo avverrà, te lo prometto.
Tienti la tua paura. – Io con sicura
fede lo aspetto.
(II Atto - Madama Butterfly, G. Puccini 1904)



sabato 9 agosto 2014

'La scrittrice abita qui' di Sandra Petrignani

Apro questo post con un ringraziamento particolare al blog di Pila e Ilaria di 'Geeky Bookers', che mi hanno fatto conoscere il libro che ha occupato poco meno di due intensi giorni estivi di lettura.
Il richiamo è stato irresistibile per me, dal momento che, fin dal titolo, questo libro prometteva bene e quando poi ho saputo che vi erano narrate le vite e rappresentati i caratteri di sei grandi scrittrici e artiste vissute fra la fine dell'Ottocento e la prima metà del Novecento, la sua lettura è diventata una priorità. Grazia Deledda, Marguerite Yourcenar, Colette, Karen Blixen, Alexandra David-Nèel e Virginia Woolf vengono ricordate dalla Petrignani attraverso una sorta di pellegrinaggio nei luoghi dove sono vissute queste straordinarie donne: sogni, speranze, dolori e passioni sembrano impresse negli ambienti che vengono sì descritti da chi li visita, ma che sfumano e subito si trasformano nelle caratteristiche più vivide e caratterizzanti di queste personalità geniali e controverse fino a diventarne un tutt'uno.
Cucina della casa di Nuoro di Grazia Deledda
Così la casa austera, pulitissima ma femminile, danno a Grazia Deledda una veste più familiare, dolce e votata alla famiglia che difficilmente traspare dai suoi scritti o dall'immagine che ci è stata tramandata. La casa accogliente e tutto sommato ordinaria della Yourcenar ne ridimensionano la stranezza e l'anticonformismo con cui siamo abituati a pensarla. La singolare stanza rossa di Colette, dove l'artista francese ha vissuto gli ultimi anni della sua vita paralizzata dalla malattia e dai dolori, e nonostante tutto dove fino all'ultimo ha accolto amici e conoscenti famosi del mondo artistico più o meno giovani, che continuava ad attrarre con il suo indiscusso fascino e la sua vivace intelligenza.
La Yourcenaur davanti alla
 sua casa nel Maine
E ancora la Blixen, che cerca di ricreare nella sua casa in Danimarca le atmosfere della sua amata e mai dimenticata Africa con oggetti caratteristici da cui non riesce a separarsi, fra cui sopra a tutti il grammofono simbolo del suo vero grande amore, ricambiato in modo parziale, tormentato e infine perduto per sempre. La vita alla spasmodica ricerca di qualcosa di superiore che poi riesce a ritrovare solo dentro se stessa nella meditazione più vera e profonda della David-Nèel, che lascia traccia della sua personalissima missione di vita nel tempio tibetano ricreato vicino alla sua casa di Digne. E infine lo straordinario genio e la delicatissima fragilità della Woolf che, solo sotto l'ala protettiva del comprensivo e amorevole Leonard e grazie al silenzio e alla pace del cottage di 'Monks House' nel Sussex, riusciva a ritrovare quel funambolico equilibrio dell'anima, che ella ha voluto infine consegnare alle quiete acque del fiume che lì vicino vi scorreva.
Camera da letto di V. Woolf a Monks House
In merito alla Woolf e in linea con i luoghi in cui è vissuta, consiglio vivamente la lettura del bellissimo post della cara amica Daniela del blog 'My little old world - gardening, home, poetry and everything romantic makes us dream', che potete trovare qui. La Petrignani dunque è riuscita a trasformare quella che poteva essere una pura descrizione di luoghi e paesaggi o una mera ricostruzione di biografie, per quanto singolari, in fedeli, appassionanti e umanissime storie di vita con tutto il carico delle emozioni che sembra di rivivere assieme alle loro protagoniste.


sabato 26 luglio 2014

Anthony Trollope e la descrizione della follia d'amore in 'He Knew He Was Right'

Anthony Trollope è uno degli scrittori inglesi più prolifici e riconosciuti del periodo vittoriano. Famoso in patria per due serie di racconti entrambi composti da 6 romanzi, di cui una ambientata nella immaginaria contea di Barsetshire e l'altra che narra le vicende del sig. Palliser, la sua opera più conosciuta al pubblico è quella che è a tutt'oggi è considerato il suo capolavoro assoluto, 'The way we live now' da cui è stata tratta anche una famosa serie TV della BBC.

Umorismo e satira contraddistinguono il suo stile nonché la grande capacità di rappresentare '..le cose del quotidiano, dell'usuale..riuscendo a sentirle oltre che a vederle' (come aveva detto di lui Henry James) . Ma uno dei suoi racconti meno conosciuti e, secondo alcuni critici, più belli ed intensi è quello che l'autore scrisse nel 1869 intitolato 'He Knew He Was Right', dove seppur seguendo lo schema dell'intreccio alla storia portante di altri sotto-racconti, quella dei protagonisti Luois ed Emily, presenta degli aspetti così drammatici e così differenti dai temi da lui solitamente trattati, che merita davvero di essere ricordata. Già in un altro post (che si può trovare qui) avevo affrontato il tema della follia nei romanzi dell'800, sia che fosse una rappresentazione di una malattia ereditaria, sia che essa fosse conseguenza di pene e sofferenze dovute a tristi vicende amorose. Anche la storia di Louis e di Emily narra della degenerazione dello stato mentale del giovane protagonista, ricco possidente che si innamora, ricambiato, e che sposa felicemente la giovane Emily, figlia di un ambasciatore inglese, conosciuta durante un viaggio in un paese esotico.
Trevelyand at Casalunga by Marcus Stone

Dopo un primo periodo di intensa felicità matrimoniale, coronata anche dalla nascita di un figlio, a causa di una insana gelosia nei confronti della moglie che sospettava avesse una storia con un vecchio conoscente di famiglia, Luois degenera progressivamente in una forma di ossessione persecutoria che lo porterà non solo a commettere atti estremi, come l'allontanamento del figlio dalla madre, ma anche al suo logoramento fisico che lo porterà alla morte. Interessante la descrizione di Luois 'prima' e 'dopo' l'evento scatenante della prima visita dell'attempato Colonnello alla moglie, che in un avvicendarsi di episodi cambia completamente personalità. Trollope non lascia vie d'uscite al cambiamento del protagonista e anche quando sembra balenare nella testa di Louis un minimo dubbio sulla lealtà della moglie, subito lo fa ripiombare nel sospetto e nella gelosia malata che tanto offusca la mente. Verso la fine del romanzo Emily dice di lui al suo migliore amico Hugh, che Luois non si ristabilirà dalla sua malattia perchè lui stesso vuole morire, come se fosse l'unico modo possibile dettato dal suo subconscio di riaffermare ancora una volta e nonostante tutto che 'Lui sapeva di avere ragione'.


Grazie anche alle vicende dei personaggi degli altri sotto-racconti, fra cui spicca sopra tutte l'anziana e ricca zia di Hugh, Jemima Stanbury, il romanzo sfuma il dramma principale in altre tematiche più lievi e in alcuni casi comiche, senza nulla togliere al tema portante ma garantendogli quella caleidoscopica unicità che ne fa sicuramente un romanzo da non perdere. La BBC ha poi magistralmente adattato il romanzo, come nella maggior parte dei casi, in una serie TV del 2004 dall'omonimo titolo e, anche da questo appassionante ritratto di un secolo e mezzo fa, emerge tutta l'attualità degli effetti tragici a cui può portare la follia d'amore.




mercoledì 23 luglio 2014

Nicholas Nickleby: un Dickens appena appena più speranzoso..

Come già scritto in altri post, Charles Dickens ha per me un effetto calamita a due poli: ora mi attrae ora mi respinge; lo amo e lo odio e la parte di amore che riservo a questo illustre autore dell'800 vittoriano mi fa sempre capitolare quando incappo in un titolo di un libro o di un racconto così come davanti ad un film che rappresenta le sue opere.
L'odio invece sta nel fare una fatica immensa a digerire la puntuale descrizione miserrima di tutti i bambini che si incontrano nei suoi racconti, poveri o ricchi che essi siano: meno male che ci sono molti altri autori e autrici dello stesso periodo che sì hanno evidenziato povertà e maltrattamenti di diversi di loro, ma hanno anche controbilanciato narrando infanzie felici e ricche di affetti sebbene modeste o a volte brevi. Così l'altro giorno, in quei rari casi in cui ho avuto la possibilità di gestire il telecomando per più di un'ora in perfetta solitudine, ho trovato su Sky un film del 2002 diretto da Douglas McGrath dal titolo 'Nicholas Nickleby' tratto dal romanzo dello scrittore inglese che lo realizzò subito dopo il più noto e tristissimo 'Oliver Twist'. Un ancora poco conosciuto e molto carino Charlie Hummer e la più famosa e bellissima Anne Hathaway fra i protagonisti, accompagnati da un eccezionale e cattivissimo Christopher Plummer nei panni dello sciagurato e perfido zio Nickleby, sono solo alcuni dei noti e bravi attori presenti nel cast. Il Nicholas dall'infanzia felice, che a soli 19 anni si ritrova orfano di padre e capofamiglia senza possibilità economiche per sostenere madre e sorella, si rivolgerà all'unico parente ricco e senza scrupoli rimastogli per chiedere sostegno.

Dopo varie vicissitudini, che vedono il giovane prima assistente di un orribile e truffaldino direttore di un collegio per bambini dove i maltrattamenti nei loro confronti erano all'ordine del giorno, e dopo attore talentuoso di un'improbabile compagnia teatrale di strada, Nicholas tornerà nella fumosa Londra da cui era stato allontanato, e grazie alla sua onestà, alla rettitudine e al suo vigore, riuscirà a riscattare sé stesso e la sua famiglia, nonché a trovare quell'amore vero e unico a cui consegnerà la sua vita e di cui il padre gli aveva raccontato fin da piccolo. Straordinari certi personaggi, come il maggiordomo del terribile zio complice del giovane Nicholas, nonché la compagnia teatrale tutta e i due fratelli Cheeryble.
Un film da vedere se riuscite a superare la parte del collegio e del povero Jamie Bell (ex Billy Elliot) nei panni dello storpio Smike.. o se riuscite a digerire quella parte di 'criticismo sociale' di Dickens che io invece chiamo stereotipizzazione..



martedì 15 luglio 2014

'The Inheritance': l'eredità di Louise May Alcott

Nell'ambito della letteratura per ragazze, il romanzo di formazione per eccellenza da sempre riconosciuto tale è la straordinaria saga delle sorelle March, prodotta dalla scrittrice americana Louise May Alcott (1832-1888). In realtà l'opera è composta da più volumi,
i primi due più noti 'Piccole Donne' (Little Women) e 'Piccole donne crescono' (Good wives), e i successivi, che parlano delle vicende matrimoniali e professionali di Jo March, la vera eroina della storia, 'Piccoli Uomini' e 'I ragazzi di Jo'. La Alcott ha senza dubbio segnato la prima giovinezza di molte di noi e, nonostante si sia cimentata anche in altri generi letterari, il filone in cui ha dato il meglio di sé, probabilmente grazie anche al fatto che vi ha messo molto della sua storia personale, è senza dubbio questo. La Alcott però vanta una carriera letteraria piuttosto corposa e, come spesso succede nel caso di questi grandi autori, piccole perle vengono scoperte ed attribuite postume, come se il destino volesse consegnare un'aggiunta di eredità per ringraziare e rendere ancora più viva la memoria di così illustri e geniali antenati. E' il caso di 'The Inheritance' scritto dalla Alcott nel 1849 ma scoperto e pubblicato solo nel 1997. Non esiste ancora la versione tradotta in italiano ma dell'opera se ne possono assaporare le tematiche tanto care alla Alcott nel film TV della IMDb del 1997, interpretato da un giovanissimo e notevole Thomas Gregson, più noto come volto di serie TV come 'Dharma e Greg' e 'Criminal Minds'.

'The Inheritance' parla di una bellissima orfana, Edith, accolta e cresciuta amorevolmente da una ricca famiglia di Concord, Massachussets, come dama di compagnia dell'unica figlia della coppia. La storia racconta del suo non essere parte né della servitù, per lo stile e l'educazione che ha aveva avuto modo di acquisire nel suo ruolo, né della società più esclusiva da cui di fatto veniva tenuta ai margini. L'affetto e la disponibilità però della famiglia Hamilton presso cui viveva, le aveva dato la possibilità di esprimere al meglio la sua personalità dolce ma allo stesso tempo forte e un po' ribelle: vincerà una gara di corsa a cavallo sotto lo sguardo incredulo e stupito di nobili uomini, che non ritenevano tali prove 'adatte' al gentil sesso. Il conflitto fra l'amore per la famiglia che l'aveva accolta e quello per un giovane che pensava di non poter sposare a causa della differenza di classe, troverà la giusta soluzione e il meritato lieto fine. L'accoglienza amorevole del nucleo familiare, la devozione e l'attaccamento filiale, l'essere ribelle e anticonformista (rappresentato al meglio poi dall'eroina per eccellenza Jo March), le dinamiche dovute alle differenze di classe e la genuinità dei sentimenti, sono tutti temi che la Alcott, alla sola età di 17 anni, riesce già perfettamente a trasmettere.

E' interessante notare in questi scritti le differenze con le 'colleghe' più o meno contemporanee del vecchio continente (come Austen, Bronte o Gaskell): pur vivendo le stesse problematiche legate ora alla necessità per una giovane donna di trovare un buon partito, ora alle difficoltà economiche o alle differenze di classe, emerge sempre un lato più spensierato, una forte centralità del nucleo familiare, sia che esso sia d'origine o acquisito e, pur nelle difficoltà, un atteggiamento positivo di guardare al futuro nonostante tutto. Sarà solo una mia impressione, ma a me lo stile e la scrittura della Alcott mi hanno sempre trasferito l'idea di come quel sogno americano avesse pervaso ogni cosa e modo di essere di questi fratelli lontani da casa, fino a diventarne un tratto distintivo.



domenica 29 giugno 2014

Sensazioni contrastanti: 'Per dieci minuti' di Chiara Gamberale

Chiara Gamberale è una scrittrice che mi piace. Ha un modo di scrivere introspettivo ma semplice, veloce ma non superficiale, moderno ma che tratta tematiche senza tempo. Il suo ultimo libro 'Per dieci minuti' (Ed. Feltrinelli 2013) mi è piaciuto ma non troppo.
La trama si svolge nell'arco di un mese in cui la protagonista, Chiara, lacerata dall'abbandono improvviso del marito avvenuto diversi mesi prima, segue il consiglio della sua terapeuta che la invita per un mese appunto, per 10 minuti al giorno, a fare una cosa che non aveva mai fatto. E così, dal dipingersi le unghie di un fucsia improbabile a camminare all'indietro in mezzo alla gente, a cucinare dei pancakes, lei che non sapeva nemmeno bollire un uovo, esegue il compito e si ritrova a provare prima e a prendere confidenza poi con quel cambiamento che tanto spaventa e che difficilmente si crede di poter affrontare. Perchè cambiare è faticoso, cambiare crea quell'incognita che ci mette subito di fronte alla consapevolezza che molto uscirà fuori dal nostro controllo; perchè cambiare chiede dispendio di energie e se possibile l'uomo in genere preferisce vivere in modalità 'risparmio'. Così quella Chiara, che non è la scrittrice ma in parte lo è, fa queste piccole cose nuove, ogni giorno, e scopre piano piano che si può sopravvivere al cambiamento e che magari si prova gusto e piacere a fare delle cose che mai si avrebbe pensato di fare.

Bello quindi il libro e interessante lo spunto dei '10 minuti' che l'autrice dice di aver sperimentato in prima persona per affrontare il cambiamento. Un produttore poi ha pensato bene anche di crearne un format, mi pare trasmesso da RAI 2, una specie di gioco-reality dove dei perfetti sconosciuti dovevano appunto fare qualcosa di assolutamente mai provato per 10 minuti... sinceramente non l'ho mai visto e ne ho poco sentito parlare, per cui circa il successo del programma ho seri dubbi..Il libro non mi è invece piaciuto perchè nonostante quanto su detto, mi ha lasciato un retrogusto amaro dovuto alla drammatica ostentazione di un lutto da superare trascinato lungo tutto il libro che mi è sembrato poco realistico. Sarà che il processo che porta al superamento di una separazione difficilmente si risolve con un gioco di un mese, per quanta consapevolezza si possa raggiungere in quel periodo. Sarà che l'immagine di quel lui, per quanto concausa del naufragio del matrimonio, ne esce davvero miseramente male. So bene che è finzione, al netto della parte autobiografica, ma questa sensazione che mi ha lasciato la lettura è la parte che non mi è piaciuta. Sensazioni contrastanti quindi, ma degne comunque di una lettura che, per chi ama il genere, consiglio. Adesso vado a fare per 10 minuti una cosa mai fatta...suggerimenti? ^_^


mercoledì 25 giugno 2014

Un mese di assenza, non senza letture: 'Ethan Frome' di Edith Wharton

E' più di un mese che non scrivo un post..è stato un mese intenso, di quelli dove devi dare delle priorità, fare delle scelte, perchè in periodi come questo le giornate sembrano ore e le ore sembrano minuti... tutto vola più veloce ed inesorabile che mai. Ma nel dare delle priorità non significa che non ho mai pensato al mio angolino privato, al mio blog dove scrivo di ciò che mi piace, provando a condividere i miei pensieri con persone speciali.
Così non ho scritto,ahimè, ma sono riuscita a leggere, anche se in quel modo un pò astruso che posso permettermi in questi momenti...sono infatti andata alla ricerca di un romanzo in linea con i miei gusti ottocenteschi ma che fosse breve. Il primo che mi aveva colpito nel titolo (come sapete i miei criteri di scelta sono piuttosto discutibili...) è stato 'Storia di un'ora' di Kate Chopin (1851-1904) scrittrice americana protagonista del movimento femminista di fine XIX secolo più nota al pubblico per il romanzo 'Il Risveglio'. Nel racconto breve 'Storia di un'ora' (davvero breve, chi lo desiderasse leggere lo può trovare qui), l'autrice riesce in modo davvero singolare a trasmettere le caleidoscopiche emozioni della protagonista che, all'annuncio della morte in guerra del caro marito, reagisce apparentemente secondo le convenzioni. Straordinariamente significativo nella sua brevità. Non era comunque questa la brevità che cercavo, insomma in fondo qualche oretta posso concedermela qua e là..ne va della mia salute mentale altrimenti!
Così era un po' che studiavo da lontano un'altra autrice americana di fine Ottocento, Edith Wharton (1862-1937), nota al grande pubblico per il romanzo 'L'età dell'innocenza' o forse molto di più per la bellissima trasposizione cinematografica di Martin Scorsese del 1993 con Winona Rayder, Daniel Day-Lewis e Michelle Pfeiffer. Ma non è questo il suo romanzo che ho scelto di leggere bensì 'Ethan Frome', e che rivelazione! Ethan Frome è un romanzo al maschile, struggente, inesorabile: racconta di un uomo giovane, vigoroso ma povero che si riduce in una completa e totale miseria fisica e materiale a causa della passione per la sua giovane amata. E' la storia di una speranza d'amore, del sogno di vivere una vita con quei colori e quella luce che solo un vero sentimento ricambiato può garantire. E' un'estasi assaggiata appena che si disintegra in pochi attimi e che lascia solo le tracce e i fardelli dell'abisso in cui può ritrovarsi chi ha osato sperare.
Una scrittrice donna che descrive le emozioni di uomo: così realistiche, così intense da commuovere, così maschili. Nonostante la Wharton sia stata molto infastidita dal fatto che 'Ethan Frome' sia stato considerato uno dei suoi più bei romanzi, chi lo legge non può rimanere indifferente all'intensità emotiva di un uomo che per amore sarà dannato per sempre. Purtroppo la trasposizione cinematografica del romanzo, opera prima di John Madden del 1992, per quanto fedelissima, non è riuscita a trasmettere bene la profondità del dramma che sembra prendere vita dal libro. Nonostante il protagonista, un giovane e bravissimo Liam Neeson, sia perfetto fisicamente e i paesaggi innevati siano suggestivi, è la conclusione frettolosa e superficiale che non convince. Consiglio comunque di vedere il film subito dopo aver letto il romanzo, perchè questa storia vi accompagnerà a lungo e la compassione per questo bellissimo personaggio vi lascerà l'eco nel profondo.




sabato 10 maggio 2014

'Il risveglio della signorina Prim' di Natalia Sanmartin Fenollera, un viaggio per scoprire la bellezza

L'altro giorno pioveva e faceva freddino, avevo la pressione bassa, ero stanca e sonnolenta e non avevo voglia di vedere nessuno. Il dovere mi imponeva comunque di uscire di casa per comprare il regalo per il compleanno del mio piccolino che avremmo festeggiato due giorni dopo. Quasi in trans ho raggiunto il Centro Commerciale e, fatta la commissione prevista, mi sono diretta nella zona libri come di consuetudine.
Saltate le aree di non interesse, mi sono fermata davanti alla sezione romanzi e ho cominciato a scandagliare titoli, autori, recensioni. Non mi ci è voluto molto per farmi attirare da un titolo e da una copertina con disegni per me rassicuranti e familiari. Per chi non mi conoscesse da molto, come già scritto qui, quando ho impellente bisogno di un libro, la mia scelta è guidata dall'istinto (o meglio 'dalla pancia') e i discutibili criteri a cui mi affido sono il colore della copertina, la lunghezza del libro (meglio se breve) e il titolo. Dopo neanche un quarto d'ora dunque mi trovavo sul divano di casa con la coperta di pile sulle gambe e un caldo te a portata di mano (...si, ahimè, in pieno Maggio..) a cominciare a sfogliare le pagine di 'Il risveglio della signorina Prim' di Natalia Sanmartin Fenollera. E che rivelazione! Non sono riuscita a staccarmi da questo romanzo finchè non l'ho completato, rinunciando a qualche ora di sonno e anche ai pochi momenti che dovrei dedicare alla tesina che devo consegnare a brevissimo. Ma non importa..sono ancora pervasa dall'effetto che ha avuto su di me, forse perchè in parte mi ci sono riconosciuta nelle scelte della Signorina Prim, in questo particolare momento della mia vita, e ho avuto delle sorprendenti conferme. In breve il romanzo parla di questa ragazza trentenne che decide di dare un taglio netto alla vita frenetica, 'senza aria' e spesso tacciata delle peggiori meschinità, tipica della donna in carriera, che cerca di far valere le sue capacità, le sue ottime conoscenze accademiche e la sua personalità in un mondo che è intorpidito, che non vede più le cose, le persone e la loro bellezza. La signorina Prim, licenziatasi, decide quindi di accettare un lavoro da bibliotecaria in un piccolo paesino sperduto alle dipendenze di un 'gentiluomo', così come richiedeva l'annuncio, con la sensazione che quella dimensione d'altri tempi avrebbe fatto al caso suo.
Arrivata nel paesino, non senza difficoltà comincia a conoscere e ad apprezzare gli abitanti e gli usi semplici e tradizionali di quella che a tutti gli effetti era una colonia, un'oasi indipendente dalla frenesia della vita moderna, popolata da personaggi curiosi, intriganti e dotati di straordinaria cultura e profondità di pensiero. Fra tutti questi spicca il suo datore di lavoro, 'l'uomo dello scranno', un uomo affascinante di elevata cultura classica (con un vago richiamo al magnifico Darcy austeniano), fondatore di quella comunità in cui i bambini vengono educati secondo modalità al di fuori di ogni regola accademica e secondo i principi e i testi degli antichi sapienti e filosofi. Le pagine scorrono e il viaggio della signorina Prim si fa sempre più profondo e complesso, perchè le sue certezze, i suoi meccanismi di difesa e i blocchi che la scuola, la società e la famiglia le hanno impresso vengono a poco a poco scardinati uno alla volta. Il suo viaggio, che passa attraverso una vera e propria crisi di autogoverno, si completerà con il risveglio o l'acquisizione di quella consapevolezza che le farà finalmente vedere la semplicità, la bellezza delle cose e delle persone e non ultimo le farà trovare l'amore per cui vale davvero la pena di vivere. L'autrice da spessore al romanzo grazie alle riflessioni, condivisibili o meno, sul sistema scolastico, la religione e la trascendenza, il femminismo e i molti riferimenti e citazioni ad opere ed autori classici che infarciscono le schermaglie dialettiche fra la bibliotecaria e il suo datore di lavoro e non solo.

La stessa autrice alleggerisce poi i toni descrivendo con singolarità e simpatia i personaggi stravaganti del piccolo paesino e le prelibatezze proposte nelle molteplici merende a cui la protagonista è sistematicamente invitata a partecipare. Bello questo romanzo, delicato e femminile, lo consiglio vivamente a chi ha bisogno di un rifugio in un momento di incertezza e di tristezza; lo consiglio a chi ha bisogno di realizzare che in certi momenti della vita bisogna avere il coraggio di cambiare e che la ricerca in se stessi o di se stessi può solo fare un gran bene e far vivere al meglio.  

lunedì 5 maggio 2014

Sogno di una vita senza pensieri: il castello di Sanssouci

Cinque giorni di vacanza trascorsi tra Potsdam e Berlino non sono sufficienti ad ammirare e godere appieno il grande spirito storico e culturale che queste due città incarnano. Di Berlino racconterò in altri post; di Potsdam, piccola cittadina a circa 20 chilometri dalla capitale tedesca, la prima cosa che ho notato è il suo fascino semplice, umile da un lato e imperioso dall'altro in quanto luogo eletto a residenza privilegiata di grandi sovrani, primo fra tutti Federico II il Grande, re di Prussia (1712-1786).
Il più illuminato fra i sovrani prussiani, scrittore, musicista nonché grande stratega militare, desiderava infatti avere un luogo 'senza preoccupazioni' (Sanssouci appunto) dove ritirarsi per dedicarsi alle sue passioni ed invitare grandi artisti e pensatori suoi intimi amici, quali Voltaire e Bach. Scelse quindi Potsdam per la costruzione di quella che viene definita la 'Versailles prussiana', progettata dall'architetto von Knobelsdorff sulla base di bozzetti preparati dallo stesso Federico II, e tale straordinaria opera barocca è oggi riconosciuta come patrimonio dell'umanità dall'UNESCO. Questo luogo privato, residenza estiva in cui Federico si ritirava per sfuggire al soffocante rapporto con la famiglia, dovuto prima alle pressioni paterne e in seguito all'infelice matrimonio con Elisabetta di Brunswick-Bevern, che non gli seppe dare un erede, era per lui luogo ideale dove filosofeggiare, scrivere sinfonie e opere fra cui 'L' Antimachiavel' dove esprimeva le sue idee innovative ed illuministe circa la difesa del diritto naturale, della pace e di una politica umana retta e giusta.

La residenza non è molto grande ed è collocata su una collina coltivata a vigneto con giardini e orti dedicati a coltivazioni ora di agrumi ora di ciliege ed altri frutti in un articolarsi suggestivo di angoli meravigliosi da scoprire ed ammirare. La fontana centrale è circondata da 12 statue di eroi e divinità mitologiche che si ergono silenziose nella loro maestosità senza tempo. Passeggiare in questo magico luogo e visitare le meravigliose stanze della residenza trasporta via dalla quotidianità, toglie, appunto, i pensieri..










domenica 20 aprile 2014

Happy Easter with a lot of Chocolate Eggs!

I bambini attendono con ansia il giorno di Pasqua per aprire e gustare le uova di cioccolato e per scoprire quale regalino è contenuto all'interno. Gli adulti non sono da meno e questa tradizione porta così tanta dolcezza in un giorno molto importante per il mondo Cristiano. Le Uova sono da sempre associate alla festività Cristiana della Pasqua e precedentemente agli antichi riti pagani in onore della Primavera. L'uovo è visto come il simbolo della 'fertilità', della 'rinascita' e della 'ripartenza'. Ma da dove ha avuto origine la tradizione di regalare le uova di cioccolato? Le prime uova di Pasqua al cioccolato furono realizzate in Europa agli inizi del 1800, e furono la Francia e la Germania ad avere il primato su questo nuovo tipo di preparazione artistica. In Inghilterra invece la cioccolata non era così popolare ancora a metà del 1800, finchè le idee innovative di Joseph Fry fecero partire questa dolce tradizione che dura tutt'oggi.

Auguro a tutti una serena e dolcissima Pasqua!



lunedì 14 aprile 2014

Francesca and The Amazing Spider-Man 2


"..And when they observe us about to fall
we can restart and shine as born
and when your dreams into began
crashing the dusk into our adore

Can we front the pain?
Can we front the rain?
and the rainbow for you
there will come a day
we’ll find out a place
isn’t it so amazing?.."


Voce stupenda, film che non perderò..

venerdì 4 aprile 2014

'Desperate Romantics', talenti e passioni dei Pre-Raffaeliti

'Desperate Romantics' è una serie televisiva del 2009 in 6 puntate, prodotta dalla BBC, che punta il riflettore sulla vita di tre dei più talentuosi pittori inglesi dell'età Vittoriana:

Dante Gabriel Rossetti, John Everett Millais e William Holman Hunt, altrimenti noti come fondatori della Confraternita dei Pre-Raffaeliti. Il desiderio di rompere gli schemi dell'arte pittorica accademica tradizionalmente intesa, portò i tre giovani artisti a rappresentare la natura e la realtà in modo diretto e dettagliato senza filtri o distorsioni. Dal punto di vista della storia dell'arte inglese furono degli innovatori e i loro nomi, ma soprattutto le loro opere d'arte, sono da tempo famose in tutto il mondo. La serie televisiva però, che è un adattamento del libro di Franny Moyle 'Desperate Romantics: The Private Lives of the Pre-Raphaelite' , racconta principalmente le passioni e gli amori dei tre protagonisti sommate a quelle di Fred Walters, un giornalista amico e sostenitore dei tre pittori, personaggio inventato che personifica le caratteristiche di tre uomini realmente esistiti che gravitavano attorno alla Confraternita e che in modi diversi ne influenzarono le vicende. Altro personaggio di spicco della serie è quello John Ruskin, il famoso critico inglese, che con il suo supporto riuscì a portare alla ribalta l'arte dei tre pittori.
Ruskin è interpretato da Tom Hollander, il riuscitissimo Mr Collins di 'Orgoglio e Pregiudizio' di Wright, attore straordinario nell'interpretare i personaggi più controversi. Infine le protagoniste femminili più incisive sono senza dubbio Lizzie Siddal, musa della Confraternita, amante e infine infelice sposa di Rossetti e Annie Miller, a sua volta musa di due dei tre artisti e amore contrastato di Hunt. La storia rappresentata si sviluppa attorno alla carismatica figura di Rossetti, il più inaffidabile, libertino e dai dubbi principi morali dei tre artisti, che farà più fatica ad imporre e a far capire il suo indiscusso genio. Il suo rapporto con Lizzie Siddal gli fa intravvedere la possibilità di diventare un uomo migliore, ma la paura di privarsi di quella libertà che avrebbe soffocato la sua creatività lo indurrà a distruggere quanto di buono lei aveva portato nella sua vita. Millais è presentato come un giovane presuntuoso ma delicato ed ingenuo, con un talento talmente indiscusso che sarà solo grazie a lui che Ruskin comincerà a dare il suo appoggio a tutta la Confraternita.
In seguito però, il suo matrimonio con Effie, prima moglie di Ruskin, lo porterà a distinguersi dagli altri trovando un stato di benessere economico ed un equilibrio familiare tanto criticato dai suoi compagni ma altrettanto invidiato. Infine di Hunt, soprannominato 'Maniac', viene rappresentato soprattutto il precario stato mentale che, dopo varie vicende, lo condurrà ad una specie di stato d'ascesi che gli permetterà di canalizzare le sue eccessive energie nell'arte e nelle opere di carità. Sebbene la serie abbia suscitato scandalo in merito al fatto che sono molte le scene di sesso e nudo, rimane piuttosto fedele la ricostruzione delle vicende
dei tre amici, ma soprattutto molto colpisce vedere come sia originata proprio da queste passioni e dagli intrecci amorosi con le donne, di cui oggi possiamo ammirare i volti in molte straordinarie opere d'arte, quella forza propulsiva e geniale che ne ha permesso la loro realizzazione. Interessante l'uso della musica a partire dalla sigla molto simile a quella di una serie TV investigativa (tipo 'La Signora in giallo'), il cui ritmo viene ripreso per sottolineare i momenti in cui la Confraternita guidata da Rossetti mette in atto i suoi piani per promuovere la propria attività e aggiudicarsi finalmente un mecenate. Come ho trovato commentato nel web, la serie mette in luce gli aspetti più 'desperate' che 'romantic' anche se a mio avviso è davvero molto intenso il modo in cui è stato rappresentato l'amore incondizionato di Lizzie Siddal per Gabriel Rossetti e il suo struggimento per non poterlo avere fino in fondo come
lei avrebbe desiderato. Bravissimi gli attori e le attrici, intenso il ritmo della serie e interessante la caricatura mai fuori luogo dei protagonisti che, attraverso le meravigliose opere d'arte che si possono ammirare sullo sfondo, acquisiscono quella profondità per cui merita conoscerne le vite. 

sabato 29 marzo 2014

'Alla ricerca di Jane' o 'Austenland' , un film che sarebbe piaciuto a zia Jane!

Quanto mi sono divertita a guardare questo film! Non avevo grandi aspettative e sicuramente non lo si può definire un capolavoro, ma posso senz'altro affermare che come commedia romantica mi è davvero piaciuta e, come prima detto, mi ha fatto anche fare qualche sana risata!
Come in molti altri casi letterari e cinematografici, l'espediente dell'amore della protagonista per i romanzi della Austen, e in particolare per il Darcy/Colin Firth cartonato a dimensione umana, fa da sottofondo alla rappresentazione delle tipiche dinamiche che ci troviamo a vivere quotidianamente e che qui vengono messe in evidenza: le aspettative degli altri che ci influenzano e opprimono, le maschere e le ambiguità spesso indossate da chi ci circonda che rischiano di farci perdere il senso della realtà, il desiderio di vivere in un mondo idealizzato, che alla fine dei conti non è mai così meraviglioso come ce lo siamo immaginato. Jane (l'attrice Keri Russel) è una ragazza americana ultra trentenne sfortunata in amore, che sogna di incontrare il principe azzurro possibilmente con le sembianze del magnifico Darcy austeniano. Decide quindi di regalarsi un viaggio in Inghilterra ad Austenland, una sorta di parco in stile Regency dedicato alla famosa scrittrice, dove gli ospiti, vestiti in costume, possono vivere un'esperienza romantica con degli attori che assomigliano moltissimo ai vari protagonisti dei più famosi romanzi della Austen. Jane, per una questione economica, opta per il pacchetto base e si trova così ad essere bistrattata da Mrs Wattlesbrooke (Jane Seymour) che gestisce il parco e che fin da subito mostra la sua meschinità e artefazione nei rapporti con gli ospiti.
Esilaranti alcune scene, soprattutto quelle dietro le quinte della finzione dei 'giochi di ruolo' e le battute ricche di malizia della generosa e ricchissima altra ospite (impersonata dalla simpatica attrice Jennifer Coolidge) che alla fine si comprerà il parco per stravolgerlo come solo un'americana può fare! Il film è tratto dal libro 'Austenland' di Shannon Hale, e, a mio avviso, è uno dei pochi casi dove il film supera il libro, che ben poco mi aveva convinta. Stephenie Meyer, la mente della saga di Twilight, ha prodotto il film, essendo lei un'amante dei romanzi della Austen e sorelle Brönte a cui si è ispirata in diversi passaggi dei suoi libri. Interessante notare come in questo caso, essendo sia il film che il libro americani, venga stravolto il tipico antagonismo inglesi vs. americani dei film in costume.
Sono gli inglesi che vengono rappresentati secondo gli stereotipi di un formalismo ormai sorpassato e di uno stile di vita solo apparentemente ameno. Il modo in cui viene fatto però è simpatico, non volgare e non annulla mai dall'altra parte le tipiche caricature degli usi e costumi americani. Jane alla fine troverà l'amore, ma non in modo così scontato come sembra fino a quasi alla fine del film: del resto come potrebbe non essere, essendo questa storia ispirata alle opere di Jane Austen? Facendo un salto nel tempo, azzardo a sostenere che anche zia Jane si sarebbe divertita a vedere questo film, perchè l'apparente leggerezza della vicenda lascia trapelare tematiche che fanno riflettere e che sono uno spaccato della società moderna in questo caso; le stesse tematiche però vengono rappresentate in modo cinico e caricaturale, quindi divertente, e non manca l'happy end che tanto amava la nostra adorata autrice.

giovedì 27 marzo 2014

John Ruskin, Effie Gray ed Everett Millais, una storia che continua ad affascinare

Avevo più volte sentito parlare della confraternita dei pre-Raffaeliti e ne ho ammirato diffusamente le singolari e straordinarie opere d'arte solo di recente, per quanto alcune di queste siano note a me, come credo al grande pubblico, da sempre. 
L'occasione però di approfondire la conoscenza di questo movimento artistico inglese, nato in pieno periodo vittoriano, è arrivata grazie alla lettura della biografia, seppur un po' romanzata, della moglie del pittore pre-Raffaellita John Everett Millais, Euphemia Chalmers Gray, meglio nota come Effie. 'Effie, Storia di uno scandalo' di Suzanne Fagence Cooper (Neri Pozza Ed.) narra in modo molto dettagliato la vita della donna che '..divenne l'eroina di una grande storia d'amore, di un genio malato e di un pittore affascinante e ribelle', grazie al resoconto tratto dalla corrispondenza fra la stessa Effie, Milleis e i loro parenti stretti messa solo di recente a disposizione del pubblico. In sintesi, Effie è stata la giovane sposa di Ruskin, uno dei più famosi critici e scrittori inglesi del Diciannovesimo secolo, dal quale però osò divorziare dopo qualche anno poiché lui si rifiutava di consumare il matrimonio e di renderla quindi a tutti gli effetti sua moglie. La causa del singolare comportamento di Ruskin sembra trovare origine dal suo carattere particolare e introverso, dalla presenza soffocante dei genitori e dalla sua ossessione per la virginea bellezza delle adolescenti che ammirava e che non sopportava vedere cambiare e corrompersi nel naturale scorrere della vita.
Euphemia ('Effie')  Chalmers Gray by J.E. Millais
Il caso fece scalpore allora e continua oggi ad incuriosire per come poi tutti i dettagli e i particolari dello scandalo a sfondo 'non-sessuale' che coinvolse Effie e John Ruskin vennero messi alla pubblica mercè. Non solo, c'è anche la parte romantica della storia, con lieto fine per Effie che, mentre si consumava la 'tragedia' con il marito, si innamora ricambiata del giovane ed affascinante pittore Millais che, in occasione di un viaggio in Scozia organizzato dallo stesso Ruskin (e sembra non a caso..), con la scusa di utilizzare Effie come modella entra con lei in intimità e confidenza fino ad insinuarle la concreta possibilità di porre fine a quel finto matrimonio. Così infatti avverrà e Millais si troverà poco dopo, qualcuno dice un po' forzatamente, a sposare la bella musa dalla quale avrà ben otto figli e grazie anche all'aiuto della quale riuscirà a consolidare nel tempo la sua fama di artista stimato e riconosciuto unanimamente nel Regno Unito e non solo.
Portrait of Sir J.E. Millais by G.F. Watts
C'è chi nella versione dei fatti parteggia più per Ruskin che si era trovato a sposare un po' ingenuamente la figlia bella e mondana ma poco colta di un uomo d'affari, al quale urgeva una soluzione economica per coprire i debiti dovuti alle troppo azzardate speculazioni. C'è chi invece, come la Cooper, sottolinea la perversità del comportamento di Ruskin che rimase disgustato dal corpo della moglie la prima notte di nozze avendolo idealizzato in una forma più fanciullesca e moralmente discutibile. Unanime sembra invece la versione che a stimolare la nascita della passione fra Millais ed Effie sia stato lo stesso Ruskin che, provato dai primi anni di matrimonio da un'insoddisfatta e ingestibile moglie che cominciava ad essere anche chiaccherata per le eccessive attenzioni ricevute da ufficiali e gentiluomini durante i balli, aveva architettato ad arte sia il viaggio nelle Highlands di loro tre sia le sue lunghe assenze che permisero l'avvicinamento dei futuri amanti.
John Ruskin by J.E. Millais
Quello che mi ha colpito particolarmente del libro, è, da una parte, l'occasione che da al lettore di partecipare alla quotidianità di una famiglia borghese nell'arco temporale di quasi tutta la seconda metà dell'Ottocento inglese, fatto sia di grandi eventi (il divorzio, il riconoscimento di un movimento che metteva in discussione i canoni dell'arte in auge nel periodo vittoriano, i fatti storici in sottofondo come il colpo di Stato a Parigi del 1851) che di problematiche domestiche come la crescita dei bambini, la loro istruzione, le malattie, le morti e i matrimoni; dall'altra lo sviluppo delle vicende di tre personaggi famosi, un genio della letteratura, un pittore e una bellissima donna, legati in un triangolo amoroso che sembra uscito da un romanzo. Dei tre protagonisti chi mi ha più affascinata e incuriosita è il pittore, Everett Millais, che, sebbene si sia fatto assorbire completamente da Effie e dalla sua famiglia, ha saputo volgere a favore del suo talento artistico quella che sembrava una passione giovanile ed ispirata più ad un ideale bohèmien sostenuto anche dalla confraternita di cui faceva parte:
si è affermato come artista, insieme alla moglie ha generato un business di clientela affidabile che ha garantito il sostentamento dell'intera famiglia, è diventato Baronetto e Presidente della Royal Academy, e non ultimo ha saputo trasformare il suo stile perseguendo la rappresentazione del vero e diventando così precursore delle nuove tendenze dell'impressionismo che si stava affermando in Europa alla fine dell'Ottocento. Un percorso di vita ben lontano da quello 'più maledetto' del suo fellow e fondatore della confraternita Dante Gabriel Rossetti. Le sue opere sono straordinarie e in molti casi ricche di simbolismi, sfumature e significati che lasciano spazio ad interpretazioni che fanno di Millais un artista ed un uomo poliedrico e non così scontato come alcuni critici hanno voluto rappresentarlo. Una storia che merita essere conosciuta ed approfondita sia culturalmente, per quello che ha saputo originare in letteratura e in arte visiva, che sociologicamente, per ammirare le dinamiche della società borghese e nobile da cui ha avuto origine. 











Opere qui sopra riportate di J.E. Millais,  nell'ordine:

'Isabella' (1849)
'Christ in the house of his parents' (1849-1850)
'Ophelia' (1851-1852)
'Portrait of Effie Gray' (recently discover)
'Autumn Leaves' (1956)
'The Eve of St. Agnes' (1863)
'Bright eyes' (1877)